"Non esiste un romanzo senza un tocco di noir"

Lo scrittore Pierre Lemaitre, celebre per i suoi gialli, parla di "Il sol dell'avvenire", che racconta la Francia del 1959

"Non esiste un romanzo senza un tocco di noir"

Pierre Lemaitre riesce in quell'impresa che è mettere d'accordo le vendite e la critica. È amatissimo per i suoi noir con protagonista il commissario Verhoeven (Irène, Alex, Camille e Rosy & John) a cui, negli anni, ha fatto seguire romanzi cupissimi come Il serpente maiuscolo o un "dizionario" come Il giallo secondo me; ma lo scrittore francese, nato a Parigi nel 1951, si è dedicato anche a una trilogia sul periodo fra la Prima e la Seconda guerra mondiale, inaugurata da Ci rivediamo lassù, con cui ha vinto il Goncourt nel 2013, e poi a una tetralogia sul secondo dopoguerra, che ora è al suo terzo volume: Il sol dell'avvenire (come sempre Mondadori).

Pierre Lemaitre, con questo romanzo siamo nel 1959: che periodo è per la Francia?

"Siamo nel mezzo dei Trenta Gloriosi, l'apice del capitalismo francese: il Paese sta subendo una profonda trasformazione, orientandosi verso l'industria di massa e l'agricoltura intensiva. È anche un momento importante della Guerra fredda, in cui la Francia è impegnata al fianco degli Stati Uniti... Le cose sono molto cambiate, non è vero?".

La quadrilogia si intitola proprio Les années glorieuses, "Gli anni gloriosi": quanta ironia c'è in questa definizione?

"L'espressione è una citazione ironica della formula dell'economista Jean Fourastié, che definì quegli anni Les Trente Glorieuses. Si è creduto a lungo a questo mito, il mito di una Francia felice, esaltata, progressista, che conduceva verso una felicità capitalista sinonimo di felicità: un avvenire radioso. Solo che, parallelamente, l'Urss comunista proponeva con lo stesso termine una felicità piuttosto diversa...".

A questi anni di boom segue una crisi: affronterà anche questa nel prossimo romanzo?

"No, la tetralogia si concluderà con una nuova avventura ambientata nel 1963; solo dopo affronterò gli anni della crisi".

In che misura quell'epoca ha preparato il terreno per la Francia di oggi e, per esempio, alle proteste di questi giorni?

"A mio avviso, nonostante alcune vicissitudini, la Francia è rimasta fedele al credo capitalista secondo cui la crescita, quella che nel 1959 veniva chiamata progresso, sarebbe sinonimo di felicità per la maggior parte delle persone... Almeno tre movimenti politici - la fine della Guerra fredda, gli anni della disoccupazione di massa a partire dal 1976 e la presa di coscienza delle conseguenze del riscaldamento climatico - si sono sviluppati senza cambiare fondamentalmente questa situazione: la Francia continua a credere nel capitalismo con una fede cieca, che sarebbe ridicola, se non fosse criminale".

Vuole raccontare l'intero XX secolo francese?

"Oh no, non ho intenzione di raccontare il secolo. Non sono uno storico: sono solo un romanziere. Mi limito a proporre una sorta di fotografia del secolo così come lo intendo, niente di più".

Che ruolo svolge la storia nei suoi romanzi?

"Per dirla tutta non amo molto i romanzi storici, perché troppo spesso la storia, con i suoi principi intangibili di realtà, accuratezza, eccetera, prende il sopravvento sulla finzione. Io racconto storie e la Storia è solo uno sfondo che permette di muovere i personaggi. Nient'altro".

Definisce i suoi romanzi, più che storici, "popolari", un aggettivo che usa un altro scrittore francese, Nicolas Mathieu: che cos'è un romanzo popolare e quale Francia racconta?

"È un termine piuttosto ambiguo in Francia, perché spesso viene pronunciato con un po' di disprezzo: un romanzo popolare, che vende molto, è sempre sospettato di facilità o addirittura di demagogia. Nicolas Mathieu e io cerchiamo di dimostrare, ciascuno nel proprio universo, che si può essere popolari senza essere completamente idioti".

Negli ultimi anni c'è stata una riscoperta del romanzo popolare?

"Non penso. Ci sono sempre tanti libri molto facili, poco letterari, che catturano l'attenzione di un vasto pubblico e ci sono sempre libri più o meno riservati a un pubblico più colto; e poi ci sono alcuni tentativi, come quello di Nicolas o il mio, ma non credo che si possa parlare di riscoperta".

Pensa che il romanzo popolare sia un po' maltrattato dalla critica, come il poliziesco?

"Oh, molto di più. Il romanzo poliziesco, o polar, in un certo senso è più apprezzato del romanzo popolare... Oggi nessuno dubita che Stephen King, come prima di lui Chandler o Simenon, siano dei veri scrittori. Quando ho ricevuto il Goncourt, un quotidiano francese ha spiegato a lungo che quello che scrivevo... non era nemmeno letteratura".

Quanto sono importanti gli elementi di mistero e suspense nei suoi romanzi?

"Sono essenziali: provengo dal giallo e dal romanzo noir ed essi fanno parte degli universali narrativi del romanzo popolare".

Qual è la differenza fra scrivere un noir come quelli del commissario Verhoeven o un romanzo popolare come Il sol dell'avvenire?

"Nel noir, la questione essenziale è piuttosto semplice: come riuscire a far sì che il personaggio vada fino in fondo al suo destino? Negli altri romanzi è necessario tenere in mano molteplici fili narrativi, che hanno ciascuno uno scopo diverso".

Esistono delle regole applicabili in entrambi?

"Sì, credo che esistano delle regole. Personalmente non le conosco, ma se le conoscessi non ve le rivelerei di certo..."

Quanto conta la tecnica nella costruzione della trama e del linguaggio?

"La costruzione della trama per me è essenziale, perché è proprio ciò che accadrà ai personaggi che farà capire al lettore la visione del mondo che gli proponi. Il linguaggio rimanda più al modo in cui si racconta; io preferisco parlare della dinamica della narrazione, del suo ritmo: non mi piacciono le discussioni sullo stile, mi sembrano piuttosto vane. Ogni autore ha la sua musica, tutto qui. E quelli che non ce l'hanno semplicemente non sono scrittori".

Alcuni suoi personaggi sono cattivissimi. Perché?

"Il tipo di romanzo che scrivo richiede forti contrasti. Ricordate Hitchcock: Migliore è il cattivo, migliore è il film... Questi personaggi permettono di fissare la rabbia e persino l'odio del lettore su alcuni personaggi, lasciando tutti gli altri nell'ambiguità".

Ma tra i suoi personaggi quali preferisce?

"Con i miei personaggi mi comporto esattamente come un padre di famiglia: ho i miei preferiti, ma non lo dico a nessuno".

Scriverà mai altri noir?

"Romanzi polizieschi,

con un'indagine, investigatori, indizi, un mistero da svelare, eccetera, mai più. D'altra parte, se mi venisse in mente una buona idea, sarei perfettamente in grado di prendermi una vacanza e scrivere un romanzo noir...".

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