«Il divieto di doppio incarico istituzionale è una necessità oltreché una regola statutaria del Pd che abbiamo rispettato fino in fondo. Sono sicuro che Tabacci si voglia occupare pienamente della città di cui è assessore». Nemmeno quarantott’ore e a Palazzo marino gli stracci son già per aria. La meravigliosa macchina da guerra arancione batte in testa col motore grippato dalla durissima dichiarazione diffusa ieri dal segretario metropolitano del Pd Roberto Cornelli. Una legnata durissima sulle ambizioni di Giuliano Pisapia a cui nessuno dei suoi perdona di aver ripescato il democristiano rottamato Bruno Tabacci.
«Uomo d’esperienza» a cui il neo sindaco ha affidato l’assessorato al Bilancio. E un ruolo da pontiere verso la finanza cattolica e di sinistra che tanto potere ha sempre in città. Dopo i mugugni dell’ala dura, sabato la violenta reazione dell’Italia dei valori che con il commissario cittadino Stefano Zamponi ricordava di aver «fatto del contrasto ai doppi incarichi uno dei punti fondamentali del programma, opinione condivisa da tutta la coalizione». Concetto ribadito, con toni se possibile ancor più duri, da Cornelli. Che della rinuncia al ruolo di parlamentare di Tabacci parla come di «una necessità», oltreché di «una regola statutaria». Poco spazio, dunque, agli equilibrismi con cui Pisapia aveva cercato di difendere benefit e priviliegi, oltreché lo stipendio d’oro della Camera, del suo nuovo (o forse non poi così nuovo) sodale. «Bruno Tabacci - ha scritto ieri pomeriggio Pisapia - è e sarà una grande e preziosa risorsa per Milano nell’ottica di quel civismo che è stato uno degli elementi chiave della mia campagna elettorale». Dando involontariamente a Tabacci del doppiogiochista, dato che il suo partito, l’Api di Francesco Rutelli, appoggiava ufficialmente la candidatura terzopolista di Manfredi Palmeri. Con Pisapia che rimane, invece, fin troppo ambiguo sull’altra questione.
«Doppio incarico - spiega - non significa affatto doppio stipendio; Bruno Tabacci non percepirà lo stipendio da assessore e ha già annunciato le sue dimissioni da ogni incarico di rappresentanza nel gruppo parlamentare che aveva assunto, rinunciando alle relative indennità». Facendo finta di non capire che nessuno obietta sul doppio stipendio, del resto vietato per legge. Chi fa il parlamentare e l’assessore continua comunque a percepire solo il primo stipendio, quello più alto. E solo quello.
La questione, come gli ricordano gli alleati, è di regole statutarie e disponibilità a offrire, come dice chiaramente Cornelli, a «un impegno a 360 gradi su Milano».
Ma sullo sfondo c’è già il regolamento di conti.
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