da Milano
Un numero preciso il ministero dellInterno non lo dà, così per farsi unidea delle espulsioni negli ultimi giorni bisogna accontentarsi dellindicazione vaga del ministro Amato: «Qualche decina». Cifre striminzite, a cui poi va aggiunta la variopinta casistica delle sentenze con cui i giudici di pace annullano i decreti di espulsione. Ieri il Giornale ha segnalato il caso di Bari. Ricorsi fatti ad arte, del resto, grazie a una legge dellanno scorso, gli immigrati «indesiderati» hanno diritto al patrocinio gratuito, cioè allassistenza legale di un avvocato pagato dallo Stato. Un piccolo business per gli avvocati, che si sbizzarriscono in questi ricorsi dando fondo alla fantasia degli immigrati per sfruttare qualsiasi appiglio che possa rendere vana la decisione delle questure e dei prefetti.
A Modena è scoppiato un polverone dopo la sentenza che ha rimesso in libertà tre cittadini africani, già raggiunti da ordini di espulsione mai ottemperati. Il motivo? Non avevano i soldi per tornare a casa loro. Una decisione che spalanca la porta a migliaia di possibili ricorsi da parte di altri immigrati, che certo non hanno problemi a dichiarare reddito zero. Perciò sindaco, presidente della Provincia e prefetto hanno chiesto un vertice urgente «per evitare il ripetersi di situazioni che permettono troppo agevolmente ai clandestini di rimanere nel nostro Paese». E per capire la situazione basta guardare i numeri del rapporto 2007 sullimmigrazione della Caritas. Rispetto a pochi anni fa le espulsioni sono quasi dimezzate, erano 44.706 nel 2004, sono state meno di 25mila lanno scorso. Il dato che invece è in crescita verticale è quello dei «non ottemperanti», cioè dei clandestini che dovrebbero rimpatriare ma non lo fanno. Sono passati da 40mila circa nel 2003 a quasi 80mila nel 2006. In totale, spiegano dalla Caritas, «quelli che volontariamente hanno seguito lordine riportato nel foglio di via o nel decreto sono stati meno di 2mila su circa 80mila».
La vicenda di Modena ha svariati precedenti. Il più recente è di luglio, quando un giudice di Torino ha assolto un clandestino di 21 anni processato per direttissima per non aver eseguito il provvedimento di espulsione. Salvato perché guadagna 50 euro alla settimana. Quindi, niente soldi per il viaggio, e niente espulsione. Ma anche fare outing può evitare il rimpatrio. È quello che è successo nel 2005 a Torino a Mohamed, senegalese di 24 anni, venditore ambulante di borse taroccate e gay dichiarato. Il giudice di pace ha accolto il suo ricorso: «In Senegal, dove lomosessualità è contro la legge, finirei in galera». Allegata al ricorso, la tessera dellArcigay, presa nel 2003. La Cassazione poi preciserà che non basta liscrizione allArcigay per impedire lespulsione al clandestino, perché non è prova certa dellomosessualità. Sul merito, però, niente da discutere. Dunque, bentornato in Italia Mohamed, senza esserne uscito neanche per un secondo. E così per lui e per tutti gli altri il risultato paradossale è quello di ritrovarsi in una sorta di limbo normativo, né regolari né irregolari, o meglio clandestini con diritto di permanenza ma senza permesso di soggiorno.
Ora, il decreto sulla sicurezza contiene strumenti per evitare, almeno in linea teorica, la moltiplicazione dei ricorsi. «Il procedimento è più diretto - spiega Paolo Padoin, prefetto di Padova -. Perché parte dalla proposta della questura e dalla valutazione del prefetto ma poi comprende anche un giudizio da parte del giudice di pace». Ma non tutto va come dovrebbe. Ci si mettono anche le poste, che con il ministero dellInterno hanno una convenzione per le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno. Spesso le domande rimangono ferme per mesi, e gli immigrati fanno ricorso. E lo vincono.
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