«Non me lo aspettavo: per una volta tanto hanno contato solo i fatti»

Il senatore: «Quel tribunale mi è sempre stato ostile. Adesso mi aspetto effetti positivi sul processo d’appello per mafia»

Mimmo Di Marzio

Senatore Dell’Utri, dopo la sentenza si è dichiarato «esterreffato» per l’assoluzione. Allora i giudici non sono tutti cattivi?
«In effetti non me l’aspettavo. Soprattutto dal tribunale di Palermo che avevo perfino ricusato perchè dimostratosi chiaramente ostile verso la mia persona. Che dire, evidentemente per una volta tanto contano i fatti ed era talmente palese l’assurdità di un processo in cui l’unico vero calunniato ero io e non quei signori. Si è dimostrato l’insussistenza dell’accusa del complotto».
I pm sostengono che bisogna attendere le motivazioni della sentenza. Il pentito Cirfeta, che era suo co-imputato, è stato assolto soltanto per «morte del reo». E Dell’Utri?
«Aspettiamo pure queste motivazioni, ma vedrà che non faranno altro che portare acqua al mio mulino. Vede, aver dimostrato che Dell’Utri non ha mai tentato di scardinare il sistema dei pentiti, come si era inventata la Procura, avrà certamente effetti positivi sul processo principale che mi vede imputato. Quanto a Cirfeta, che posso dire? Certamente che mi dispiace per la sua morte prematura anche perché sono certo che diceva la verità».
Durante il processo, il pm Ingroia ha esibito filmati, fotografie e intercettazioni che riguardano incontri fra lei, Chiofalo e Cirfeta, i due pentiti con cui, secondo l’accusa, avrebbe cercato di delegittimare i suoi accusatori. Perché incontrava quelle persone?
«Ovvio, li incontravo per raccogliere prove a mia difesa, che è un diritto dell’indagato e dovrebbe essere un dovere anche dell’accusa, che invece cerca soltanto di dimostrare la colpevolezza. Da Cirfeta e Chiofalo cercavo la conferma che la combine era ai miei danni».
Poi però Chiofalo patteggiò una condanna a dieci mesi accusando lei di averlo cercato di corrompere affinchè sostenesse la tesi di un complotto ordito dai tre pentiti parte civile in questo processo. Perché lo ha fatto?
«Chiofalo, come si dice da queste parti, tiene famiglia. Aveva una nuova moglie e mi pare un paio di figli e ci teneva a rifarsi una vita. Stava per uscire dal carcere ed è ovvio che gli convenisse patteggiare, piuttosto che confermare al processo le prime accuse e restare certamente in cella».
Francesco Di Carlo, Domenico Guglielmini e Francesco Onorato sono i tre pentiti palermitani che hanno contribuito alla sua condanna in primo grado. Ieri hanno «perso» il milione di euro che chiedevano a lei come risarcimento per il presunto complotto. Come giudica queste persone?
«Non mi faccia dire quello che penso. Non posso».
Lei è stato condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo lei è un reato che andrebbe abolito?
«Mah, non saprei, forse può essere uno strumento utile per combattere la criminalità. Però non bisogna esagerare.

In Italia basta entrare in contatto con un personaggio sospetto e finire subito sotto processo...».
Dopo l’assoluzione di ieri è un po’ più ottimista verso la giustizia?
«Staremo a vedere se non è la classica rondine che non fa primavera...».

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