NON SALIAMO SU QUEI CAMION

Due premesse necessarie. Il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, quello a cui dà «emozione forte sentire i discorsi del Che», e il governo Prodi nella sua interezza, farebbero un bel favore all’Italia nel togliersi di mezzo. E i padroncini, come con disprezzo vengono definiti i piccoli proprietari di Tir, ci fanno simpatia, nella loro ruvidezza paleo-imprenditoriale.
Però c’è un limite. Il governo ha le sue colpe, ma per un solo giorno cerchiamo di dimenticarle. La gazzarra dei blocchi stradali, la paralisi del trasporto, la protesta senza limiti, in un Paese occidentale non può superare una soglia. Altrimenti si rompe il contratto sociale. E l’opposizione non può e non deve cavalcarla: per il semplice motivo, anche tattico, di riservare un domani a se stessa la forza di riformare il Paese nonostante le proteste di piazza.
Un’Italia governata, per davvero, dovrà imparare a subire le scelte della politica. La mancanza di una direzione di questo gabinetto è stupefacente: le proteste (tranne che nel caso delle liberalizzazioni del ministro Bersani) sono figlie dell’inerzia e del compromesso. E non piuttosto, come ha insegnato la dura opposizione a Nicolas Sarkozy, di un progetto di riforma complessiva dello Stato. E dunque il costo della lacerazione sociale, che nella colonna delle perdite ha quelle subite dai cittadini, non iscrive nella colonna dei profitti alcun passo avanti verso la modernizzazione. Ma sia chiaro: non si può stare dalla parte dei tassisti romani che paralizzano la città, non è accettabile che i dipendenti Alitalia blocchino senza preavviso i voli da Malpensa, non si può dare ascolto agli scalmanati che non vogliono l’Alta velocità e non si può indulgere sui chilometri di coda in uscita dalle nostre città cagionati dal blocco dei Tir.
Su queste colonne abbiamo avuto una certa simpatia verso forme di protesta fiscale da parte dei cittadini vessati. Ma ci siamo sempre posti il limite della legalità, del rispetto delle norme. Le nostre leggi non per la sola circostanza di essere votate da un certo numero di parlamentari sono necessariamente giuste. Ma il metodo che porta al loro rispetto fonda la nostra convivenza.

Rispettare la procedura legalitaria è lo strumento più forte che l’opposizione ha per riformare lo Stato e infischiarsene, alla grande, delle eventuali proteste, quando dovesse ritornare alla guida del Paese.
I padroncini e i dipendenti dei trasporti fanno un lavoro duro, durissimo. Non difendono alcun privilegio, ma la loro sopravvivenza. Questa volta però non possiamo salire sui loro camion.

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