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Non si vince senza palle (da giocare)

Scrivo questo disgraziato commento con la mano sinistra. Un po’ perché questo infame torello non si merita neanche questo sempre più difficile esercizio di scrittura. Un po’ perché la mano destra è praticamente fuori uso. Una scheggia di nocca dell’anulare campeggia nell’armadietto di legno davanti alla mia scrivania. Mentre la mia mano trema, pulsa e sanguina, i flash del meraviglioso gol della Bestia mi perseguitano, forse anche più dei sorrisetti bastardi dei miei colleghi. Quello che cade, perde palla, e si rialza indisturbato. Quell’altro che crossa dalla tre quarti, indisturbato. La girata, la rete che si gonfia. Tipo Pelé in Fuga per la vittoria. Brrr. Inutile qualsiasi scaramanzia, tipo rinunciare alle due sigarette di rito al fischio dei tempi, che una volta (non ricordo più nemmeno quale, mah!) mi portarono gramo. Anche stavolta tv spenta e zero voglia di fare altro. Fare ricorso ai miei gioielli di famiglia non serve nemmeno più: in compenso adesso ne conosco perfettamente ogni centimetro quadro. Contenuto (sempre più abbondante) compreso. Non credo che i giocatori del toro, sempre più minuscolo, possano dire altrettanto. La differenza tra averceli ed esserlo è tutta scritta nel girone d’andata. Pensateci, a che cosa ci avete ridotto, la prossima volta che scendete in campo come caprette belanti pronti al macello. Per quella maglia granata c’è qualcuno che ha dato l’anima, anzi la vita.

A voi chiediamo solo di metterci le palle.

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