Non solo mago Alonso nel miracolo Ferrari

E adesso è giunto il momento di dirlo, scriverlo, ricordarlo. Perché è vero, c’è tanto, tantissimo Alonso dietro questo insperato e uggioso successo monsonico-malese. Però sarebbe un errore troppo grande liquidare la vittoria a casa di Sandokan come la splendida impresa di un campione tigre e come lo splendido colpo di fortuna piovuto dal cielo in tutti i sensi. Sarebbe, oltre che riduttivo, scorretto non dire, non scrivere, non ricordare che questa Ferrari è molto meglio di quel che sembra, il potenziale c’è, cresce piano, nonostante ieri, mentre l’asfalto si andava asciugando, magagne e imperfezioni venissero a galla in trazione e in velocità.
Questa Ferrari che ora, seconda gara del mondiale, ha lo stesso numero di vittorie di quella dello scorso anno, a Silverstone, giornata tanto isolata quanto magica; questa Ferrari che, fa bene a dirlo e urlarlo, sono diciannove anni di seguito che vince almeno una gara a stagione; questa effe duemilaedodici che quasi non ci si crede nel vederla in testa al mondiale con Alonso cinque punti davanti ad Hamilton e dieci a Button, questa Rossa che alla vigilia sembrava avere tutto per perdere e nulla per vincere, tanto che lo stesso campione spagnolo andava ripetendo che ci sarebbe voluto «un triplo salto mortale» per riuscirci.
Ma ecco che il triplo salto c’è stato, c’è stata pioggia che vale uguale e c’è stata una doppia partenza e un break di un’ora, e prima e durante e dopo ci sono stati degli uomini perfetti al muretto e al box, perfetti nel cambio gomme al giro cinque prima di altri big, e poi all’ultimo pit, quello fatto fare ad Alonso un giro prima di Perez, ipoteca di vittoria.
Anche per questo è giunto il momento di dirlo, di scriverlo, di ricordarlo: quello malese è un successo di uomini che quando tutto gli crolla addosso sanno non perdere la testa. Uomini sapientemente diretti da un altro uomo, un uomo che dai tifosi, in quanto a critiche, viene subito dopo Felipe Massa: Stefano Domenicali, il team principal, cresciuto in Ferrari e fortemente voluto dal presidente Montezemolo. Domenicali il manager della svolta che ha dovuto reinventare una Ferrari lontana anni luce dai fasti di prove e chilometri e circuiti privati dell’Era Todt-Schumacher. Una Ferrari che si era ritrovata improvvisamente impossibilitata ad usare gli impianti, una Ferrari in ritardo nei simulatori di gara là dove gli altri, privi di piste proprie, avevano investito. Un uomo, Domenicali, che più che un manager sembra un’antenna, una parabola, un parafulmine pronto ad attirare su di sé tutte le critiche pur di lasciar lavorare i suoi. Dall’Australia è volato a Maranello e poi in Malesia nello spazio di un paio di giorni in una traversata record alla Soldini, ma ha dovuto farla perché «volevo che in fabbrica i tecnici capissero il momento...».

Quando ieri, a caldo, prima di commuoversi, prima di festeggiare con i suoi, ha detto «abbiamo solo fatto il nostro dovere», ecco, ha reso ancor più grande questo uggioso e inaspettato successo. Per cui bravi tutti, eccetto uno. È un pilota. Avete capito.
twitter:@bennycasadei

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica