Non solo Pasolini Quando Totò offendeva il pudore

Non solo Pasolini Quando Totò offendeva il pudore

Tagli italiani, una vecchia storia. Che ha sempre visto in pole position l’appena scomparso Oscar Luigi Scalfaro, santificato dalla sinistra come gran paladino della Costituzione, quindi di libertà&democrazia. Come nel caso d’un gradevole film di Steno, Le avventure di Giacomo Casanova (1955), che stando all’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, recava «offese alla morale, al buon costume e alla decenza», per cui ne decretò - dopo 22 tagli - l’immediato ritiro dalle sale. Che mai faceva Gabriele Ferzetti con Marina Vlady e Nadia Grey? «Non so più quali soggetti affrontare. Ormai, anche se si tralasciano temi d’impegno sociale e politico, non si è sicuri», lamentava il regista, padre dei Vanzina Bros. Inutile appellarsi al lato storico-artistico del soggetto, come fece P.P.Pasolini, quando il suo Decameron (1971), con i «ragazzi di vita» Ninetto Davoli e Franco Citti, fu massacrato per le sue «sequenze altamente erotiche, travalicanti l’osceno più crudo» (così il Giudice Istruttore Casella). Salvo poi vincere l’Orso d’Argento a Berlino, con seguente revisione del giudizio da parte della Prima Commissione di Revisione Cinematografica e sdoganamento in sala (vietato ai minori di 18 anni). Neanche Totò la passò liscia: Totò e Carolina (1955) di Mario Monicelli, risultò «inammissibile per offesa al pudore, alla morale, alla religione e alle Forze Armate». Il governo Scelba e la defunta Dc dettavano legge e fecero perdere 31 scene e 200 metri di pellicola al film.

E fu accanimento verso Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, con Maria Schneider e Marlon Brando ad amoreggiare in un appartamento parigino: uscito il 15 dicembre, il 21 sequestrato come «spettacolo osceno». Nel 1973 il Tribunale di Bologna assolse autori e film, però nel 1978 la Corte di Appello bolognese ordinò la distruzione delle copie positive (ma il film tornò in sala nel 1987).

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