«Non sono stufo, guiderò il Pirellone fino a Expo 2015»

«Non sono stufo, guiderò il Pirellone fino a Expo 2015»

Presidente Formigoni, lei ha parlato di un patto con Berlusconi per il suo quarto mandato alla guida della Lombardia. Ci racconta come è andata?
«Erano i giorni della vittoria alle politiche del 2008 e dovevamo decidere insieme dopo la mia candidatura al Senato, che avevamo concordato nella prospettiva di un mio impegno a Roma. Io e Berlusconi ci siamo incontrati due o tre volte e alla fine è venuta fuori la grande intesa. E cioè rimanere in Lombardia e presentarmi per un quarto mandato, in modo da arrivare al 2015 e completare le opere pubbliche come Brebemi e Pedemontana. Inoltre gestire l’Expo che avevamo vinto una settimana prima. Sono rimasto sulla base di questo grande accordo».
Ne ha parlato con Bossi? L’accordo è anche con lui?
«Il mio rapporto con Bossi è molto positivo e molto bello. Le parole che ha usato a ferragosto nei miei confronti parlano da sole. Ha concluso: «Non darò l’assenso fino alla fine». Ma questo significa che alla fine l’assenso lo darà. La Lega coincide con Bossi, conta quel che dice Bossi. Tutto il resto, con il rispetto per tanti amici, non conta niente».
E allora come si spiega quest’agitazione? La Lega è scatenata.
«L’anno prossimo vanno al voto tredici regioni e la Lega ha diritto ad avere sue posizioni. Se ne sta parlando tanto anche perché in agosto i giornali non hanno niente da scrivere, ma ne discuteranno soprattutto Bossi e Berlusconi e, come sempre, un accordo ci sarà. Quel che è certo è che si troverà sulle altre dodici regioni. È per questo che Berlusconi, quindici giorni fa, proprio davanti a Bossi e altri ministri leghisti, mi ha chiamato presidente a vita di Regione Lombardia».
Bossi è preoccupato perché lei tratta con l’Udc? Che cosa vi siete detti nell’ultimo incontro con Casini?
«Non tratto con Casini, anche se l’ho incontrato. Il Pdl, inclusi Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, sta lavorando per verificare la possibilità di un’intesa con l’Udc su tutto il territorio nazionale, chiara, sui programmi e con un impegno leale. Bossi sa che questo compito spetta al Pdl e a Berlusconi. Lui dice: “non voglio pasticci” e anche noi siamo d’accordo: non vogliamo pasticci. Se costruiremo un accordo chiaro, la Lega sarà d’accordo. L’importante è che ci siano patti chiari».
Se non ci saranno patti chiari in tutta Italia, non ci sarà un accordo con l’Udc nemmeno in Lombardia?
«Come corre! Stiamo lavorando e siamo al venti di agosto. Non si accettano subordinate, lavoriamo per un accordo serio a trecentosessanta gradi. Certo c’è stata la rottura delle politiche e ci sono strascichi, ma lasciateci lavorare».
La Lega attacca anche la Moratti. Salvini propone un sindaco leghista.
«Io lavoro in Regione e ne ho abbastanza così, di Milano non so. In ogni caso vale quanto ho detto prima. Conta Umberto Bossi».
Formigoni si ripresenta per il quarto mandato. Non è stufo?
«È una domanda giusta, ma le rispondo di no, non sono stufo, perché non è vero che sto facendo sempre le stesse cose. Proprio perché abbiamo risolto problemi e raggiunto risultati, questo ci ha permesso di arrivare a obiettivi nuovi. Ho già cominciato a riflettere su un programma di forte innovazione. Non sono affatto annoiato. Ho trovato un casino quando sono stato eletto la prima volta, si arrivava da Tangentopoli, tra degrado e sinistra imperante. Adesso la situazione è molto migliore».
Ha rinunciato alle ambizioni romane?
«In politica bisogna stare con i piedi per terra. La legislatura è cominciata un anno fa e dura fino alla fine. Non si entra nel governo a governo partito. Nel 2015, chi vivrà vedrà. Non ho mai desiderato fare il commissario europeo, sono bufale. E non farò il ministro perché faccio il presidente di Regione».
Tra i suoi possibili sfidanti si parla di Antonio Di Pietro.
«L’avversario lasciamolo scegliere agli avversari, scelgano chi vogliono, non sono molto preoccupato. Magari facciano lo sforzo di corredare il nome con un programma».
È sempre dell’idea che a Milano serve una moschea prima del 2015?
«O Signúr... Ci sono due problemi che si intrecciano tra di loro e che vanno risolti contemporaneamente e cioè la libertà di culto, perché siamo un Paese democratico, e l’ordine pubblico, per difendere i cittadini. Visto che il problema è stato sollevato dal prefetto, che è rappresentante del governo, siano il ministero dell’Interno e il prefetto a trovare una soluzione con gli enti locali. Serve un tavolo di confronto. Milano non è Roccacanunncia».


Che ne pensa di un partito islamico? Sarebbe un competitore come gli altri o vede un potenziale rischio per la democrazia?
«Mi sembra una boutade, nel senso che il problema vero sollevato è che vogliono avere un luogo di culto. Se il problema si risolve non vengono creati partiti. Se invece il problema del luogo di culto si lascia incancrenire, potrebbero venire fuori risposte esagitate».

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