È un errore chiudere il cantiere del partito unitario dei moderati. Ha ragione Giuseppe Pisanu, che ha espresso questo secco giudizio tornando a parlare, dopo alcuni mesi di silenzio, all'annuale seminario di Todi. È un errore se non altro perché questa rinuncia, ufficialmente definita un rinvio, sottolinea come l'area del centrodestra nel suo insieme sia solo schiacciata sul presente e come i partiti che la compongono cerchino risposte solitarie. Da un lato, quest'area, è schiacciata sul dilemma di quale opposizione fare e, dall'altro, sui tentativi di auto-riforma interni di cui si parla a proposito di An (una nuova Fiuggi) o di Forza Italia (un nuovo statuto, una rifondazione, un partito nordista) o della stessa Udc (l'ambizione di occupare «le terre di mezzo»).
La Casa delle libertà sta pagando un alto prezzo alla sua lettura debole e insufficiente della perdita del governo e dell'affondamento della riforma costituzionale e ad una discussione segnata più dai «non detto» che dalla chiarezza. E il primo «non detto» è rappresentato dai termini veri della nuova conflittualità fra le leadership, come se la questione possa prescindere dai sommovimenti in atto nella società e dagli scontri che la segnano sul terreno sociale e dei valori di riferimento. Il risultato è che ciascuna delle tre maggiori forze conta solo su se stessa, scommette sulla propria identità e si illude di poter rappresentare al meglio quella metà degli italiani che non ha votato per l'Unione. È in corso una destabilizzazione - altro termine usato da Pisanu - che rivela che l'alleanza dei moderati è stata solida solo nella campagna elettorale di aprile e che ora è avvolta dall'incertezza. Con il risultato di una navigazione minimalista.
La priorità è quella di un coordinamento parlamentare delle opposizioni? Non ci sono motivi per metterlo in dubbio, di fronte alle divaricazioni fra alleati e ad una divergenza strategica fra l'idea della spallata, che non c'è stata, e le tentazioni, finora senza effetti, di scombinare gli equilibri nell'Unione. Ci si può, però, chiedere se mezza Italia possa essere ridotta solo alla capacità di intesa e di mediazione fra i gruppi della Camera e del Senato, sapendo che altrove l'area moderata è minoranza, schiacciata minoranza, quasi ovunque nelle istituzioni e nelle organizzazioni rappresentative della società. Ci si affida solo alla speranza di un voto fortunato al Senato? Si scommette su una possibile rottura nell'Unione sull'Afghanistan o sul Dpef, sottovalutando la natura vera del prodismo, cioè la sua configurazione di blocco di potere? Questa sembra soprattutto tecnica politica, non strategia. La tecnica è spesso importante, ma senza strategia non si prepara un'alternanza.
La chiusura del cantiere del partito unitario dei moderati è in primo luogo il risultato di questa debolezza, seguita al passaggio del centrodestra dal governo all'opposizione. Però la diffidenza reciproca, quando non l'ostilità, soprattutto da parte dell'Udc, ma anche dentro An e Forza Italia, è precedente. Quindi se di errore si tratta, questo errore viene da lontano.
Ecco, l'errore sta qui, in un vuoto che si apre, ma che molte iniziative cercano comunque di riempire. È la versione speculare del girotondismo che ha afflitto la sinistra? Il rischio c'è e va evitato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.