da Roma
Quello della comunità cinese è «un problema serio», perché i cinesi rifiutano «di integrarsi, di apprendere la lingua italiana e di mandare i figli nelle scuole italiane». Una ghettizzazione volontaria preoccupante, come denuncia il vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, commentando gli scontri avvenuti la scorsa settimana nella Chinatown milanese. «È nostro dovere incoraggiare le comunità come quella cinese a integrarsi finalmente in tutto, combattendo il lavoro nero e non facendo più lavorare i bambini nel mercato dei prodotti contraffatti».
Si rifiuta di minimizzare il problema lex magistrato Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture. «A Milano cè un problema di sicurezza» dice Di Pietro, che invoca «legalità e solidarietà». Sulla rivolta della Chinatown milanese il ministro invita a non generalizzare, sottolineando però che «i delinquenti non vanno tollerati». Il Guardasigilli Clemente Mastella non condivide liniziativa del presidio da parte della Lega ma avverte: «I cinesi non possono pensare di vivere in aree extraterritoriali, devono accettare regole comuni».
Cerca di ridimensionare laccaduto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta. «Quello che è successo nei giorni scorsi nel quartiere di Chinatown non è una vicenda di politica internazionale o nazionale - dice il sottosegretario -. Il rispetto delle regole è una priorità, ma la comunità milanese deve trovare la forza e i modi per far rispettare le leggi e consentire lintegrazione». Letta critica liniziativa della Lega: «Non serve buttare la benzina sul fuoco».
E anche lex ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, osserva che «lambasciatore cinese fa solo il suo mestiere quando chiede di sapere cosa è accaduto», escludendo che quanto è successo a Milano possa avere una ricaduta in politica internazionale.
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