Nonostante i preti rossi, 8 per mille alla Chiesa

«Famiglia cristiana» è ormai da molto tempo il portavoce più autorevole del cattocomunismo nazionale e anche il più capillarmente diffuso, dal momento che lo si può trovare in tutte le chiese d’Italia. Per giunta, in occasione delle ultime elezioni, dati attendibili rivelarono che ben il sessanta per cento del clero aveva espresso esplicitamente la propria preferenza per la sinistra, moderata o estrema che fosse. Tutto questo è pienamente legittimo, ci mancherebbe: ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma non sarebbe forse ora che gli innumerevoli sprovveduti (volendo usare un eufemismo) che votano centrodestra e destinano l’otto per mille alla Chiesa cattolica si rendessero conto che i loro soldi foraggiano chi li ritiene fascisti, retrogradi, o nella migliore delle ipotesi politicamente scorretti? Gradirei conoscere il parere del dott. Granzotto, che quotidianamente mi allieta con le sue fulminanti risposte.


Il mio parere (assai poco fulminante), caro Demartini, è che mi basta vedere, anche da lontano, un prete con la tonaca per avere la certezza che il mio otto per mille non va sprecato. Mi basta ascoltare un sacerdote che nell’omelia parla di Dio, dell’anima, del peccato e non di sociologia d’accatto o della riforma della giustizia per dirmi che ho fatto bene a destinare il mio otto per mille alla Chiesa cattolica apostolica romana. Mi basta vedere in certi paesini qui nei dintorni dei ragazzi uscire dall’oratorio - ce ne sono ancora - che si chiama oratorio e non «spazio multietnico» o «luogo di confronto» o altre pagliacciate del genere per sapere d’aver, per quello che riguarda l’otto per mille, la coscienza a posto. Sì, certo, il clero pullula di ambiziosi pretini e pretoni che ancora la menano con la teologia della liberazione, che hanno per santo Che Guevara, che si vergognano a definirsi preti preferendo il titolo di «operatore pastorale», che non chiamano la Messa col suo nome, ma «Cena», che parlano di «ottica comunionale», di «esperienze valoriali», di «pericoresi ecclesiologica», che dell'oratorio fanno un Leoncavallo, che vedono fascisti e fascismo dappertutto. Pretini e pretoni rossi ai quali piace far politica e rastrellare voti per le sinistre, ai quali va forse addirittura il grosso dell’otto per mille. Perché son tanti e pieni di esigenze, perché ritengono il sacerdozio niente di più che lavoro dipendente e perché le Lacoste, i jeans, le Adidas o il doppio petto e la cravatta con le quali hanno sostituito l’abito talare costano. Però, mi basta che l’otto per mille dell’otto per mille vada a quel clero discreto, riservato e decoroso servitore di Dio e non di un’ideologia per ritenermi soddisfatto. Pienamente soddisfatto. Ci pensi, caro Demartini: se venisse meno il contributo dei fedeli si finirebbe, per usar la nota metafora, per buttar via l’acqua sporca con tutto il bambino. Fa male pensare che i nostri soldi finiscono anche per compensare gli strimpellatori che nel corso delle «mense» progressiste attaccano un rap al momento dell'elevazione.

Ma farebbe ancora più male, credo che lei concordi, sapere che senza il nostro apporto centinaia di sacerdoti, di parroci che già non se la passano molto bene e che come non bastasse sono irrisi dagli «operatori pastorali», si troverebbero a vivere solo di questua. E sarebbe il trionfo, per i don Sciortino.

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