Nonostante gli infortuni non c’è stata partita né avversari credibili

A dire certe cose non si fanno molti punti in classifica simpatia, ma a me è sembrato che il campionato dell’Inter non sia mai stato in discussione. Tranne in quest’ultima giornata. Era ipotizzabile che la squadra avrebbe avuto una flessione, l’ha avuta e anche pesante, ma non vedevo chi avrebbe potuto prenderne il posto, con tutto il rispetto per la concorrenza che per motivi diversi si è messa fuori gioco da sola ad eccezione della Roma. Ma solo in quest’ultima giornata. L’Inter era talmente attrezzata a respingere tutte le calamità possibili che era difficile immaginare cosa l’avrebbe costretta a spalmarsi al suolo e fare da tappeto ai nuovi campioni. Il tentativo di caricarle addosso tutta la pressione è apparso goffo, dal gatto nero alle intercettazioni di due anni e mezzo fa. È uno scudetto vinto sul campo e fuori dal campo.
L’Inter Vieira-Ibrahimovic dipendente ha perso prima l’uno, poi l’altro, poi entrambi contemporaneamente. Ma era gonfia di gente che non li valeva però conosceva il rischio di finire in tribuna se le cose fossero girate male, perché la rosa ampia dà queste sensazioni di precarietà che a volte funzionano. Non c’è stata una partita ma l’idea che la squadra, anche nelle giornate meno nobili, fosse in grado di tenere tutti gli avversari sulle punte dei seggiolini, arrivava in città e metteva addosso una specie di ansia. Anche lei non ha corso per il premio simpatia o per il calcio più bello del Paese, ma chi ha vinto queste due specialissime classifiche oggi non fa festa.


Non c’è stata una partita e neppure un nome su tutti, era la detentrice, la più pronosticata e con la rosa migliore, quindi questo sedicesimo scudetto sulle maglie dell’Inter non stupisce, né crea imbarazzo parlarne perché, ricordando le macerie degli anni passati, la stagione è sembrata scorrere via serena come un cielo senza nubi.

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