Marcello Foa
Il Giappone tira dritto per la sua strada, la Corea del Nord anche. E per il quarto giorno consecutivo volano parole grosse. Tokio mercoledì aveva preannunciato sanzioni unilaterali, che ieri il Parlamento ha approvato. In sé non sono misure gravissime, certo non paragonabili a quelle varate la scorsa estate, quando erano state bloccate le rimesse in patria dei circa 700mila nord-coreani che vivono in Giappone: da oggi viene bandito lingresso nei porti nipponici delle navi provienentI da quel Paese, vengono sospesi i viaggi personali e qualunque importazione.
Il danno stimato è irrisorio, considerato che linterscambio complessivo ammonta a 142 milioni di euro lanno. Ma in queste ore prevale la valenza simbolica di qualunque decisione. E quella giapponese viene considerata una provocazione dal regime di Kim Jong Il, che ha reagito con estrema durezza, minacciando «forti contromisure» se i nuovi provvedimenti verranno davvero applicati. Un diplomatico di Pyongyang ha avvertito che «la Corea del Nord non parla mai invano» e che le misure contro Tokio «saranno di natura più grave rispetto a quelle verso altri Paesi, in virtù del suo passato colonialista nella penisola coreana». Quali non lo specifica, ma considerando che negli ultimi cinque giorni il suo governo ha effettuato un test atomico sotterraneo, ha minacciato di scatenare una guerra e di lanciare missili a testata nucleare, è evidente che lo sviluppo della crisi viene seguito con crescente apprensione dal nuovo premier giapponese Shinzo Abe; che intanto si cautela militarmente.
Ieri è arrivato il primo carico di un nuovo sistema americano di difesa antimissile. Si tratta di 24 ordigni antimissile che saranno operativi entro la fine dellanno nella base statunitense di Kadena, nell'isola meridionale di Okinawa. Gli intercettori sono del tipo Pac-3, destinati a colpire ordigni balistici al rientro nell'atmosfera (cioè a una dozzina di chilometri di quota). Un'altra ottantina di Pac-3 verrà schierata entro marzo.
Il Giappone è in allerta, mentre al Palazzo di Vetro risultano più difficili del previsto le trattative per giungere a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dellOnu. La Cina, che finora aveva concordato sulla necessità di dare una lezione a Kim Jong Il, nelle ultime 24 ore si è in parte ricreduta. Continua a essere favorevole allapprovazione di un pacchetto di sanzioni, ma ritiene che lo scopo «non debba essere quello di punire, bensì di chiarire che gli esperimenti nuclerari non possono essere accettati». Pechino non vuole dare il via libera alla bozza congiunta nippo-americana, che prevede l'embargo di tutti gli armamenti, il bando allo sviluppo di armi di distruzione di massa e al commercio di beni di lusso, il blocco di tutti i beni all'estero di persone o società collegate con i programmi nucleari e missilistici della Corea del Nord.
Lambasciatore cinese allOnu propone un embargo flessibile e soprattutto pretende che venga tolto qualunque riferimento al capitolo 7 della Carta dellOnu, che consente di applicare le sanzioni anche con la forza. «Il nostro obiettivo deve essere quello di creare i presupposti per una soluzione pacifica e di giungere a una ripresa del dialogo», ha dichiarato.
E a sorpresa ieri sera il presidente cinese Hu Jintao ha inviato a Washington un suo rappresentante speciale, lex ministro degli Esteri Tan Jiaxuan, che ha incontrato il presidente Bush, il segretario di Stato Condoleezza Rice e il consigliere per la Sicurezza nazionale Stephen Hadley; ma apparentemente nemmeno questa visita è servita ad appianare le divergenze.
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