«Le nostre armi? Vent’anni di politica senza ferie»

Arrivando, posa sul tavolino del bar le riviste: salute delle donne, soprattutto. E poi cani, gatti, cavalli. Lei, Francesca Martini, sottosegretario alla Sanità con delega anche alla medicina veterinaria, 48 anni, un cane di nome Tommaso raccolto ai bordi di un’autostrada, apre l’incontro con entusiasmo. «Se si parla di animali sono felice, nonostante i problemi. La crisi dell’ippica, gli unabomber di gatti e cani, un Nord animalista con punte di criticità e un Sud che ancora sevizia i nostri piccoli compagni di vita. Sono stata nei club inglesi: altro mondo».
Ora, però, onorevole, parliamo di politica e Veneto. Specifichiamo: ritratto della Lega con Signora.
«Non mi ero mai interessata di politica, finché nel ’90 non incontrai la Lega Nord. Quel poco che passava in tv mi emozionava, perché sentivo una radicata volontà di rinnovamento. Avevo capito di trovarmi di fronte a una forza popolare che non era un fenomeno qualsiasi. Così è ancora. La Lega richiede un lavoro indefesso, come se fossimo sempre in campagna elettorale. Non facciamo ferie in agosto o a Natale: stare con la gente, questa è la nostra festa. La Lega è la prima cosa della mia vita».
In un campo in cui i foulard rosa sono sommersi dal tappeto verde di cravatte, come si sente una donna?
«Bene, perché c’è un capo, mi rafforza. È fondamentale la sua risolutezza verso un’idea unanimamente condivisa e la capacità di creare una pace nelle relazioni interpersonali. Non bisogna dire “sì” perché è il capo, diciamo “sì” perché noi crediamo per istinto e per scelta in quello in cui lui crede. D’altronde, non ritengo che in politica si possa ancora parlare di femminismo o maschilismo. Vecchie etichette. È palese come in tutti i partiti l’attività sia ancora maschile. Quando tengo i convegni alla sera nel finesettimana, che sia in Veneto o in Emilia, il pubblico è di uomini, le donne sono poche».
Le candidature femminili?
«Non nel Veneto. A differenza di altre Regioni, non ce ne sono tante. Ma è vero anche che per emergere nella Lega bisogna contare anni di politica alle spalle. Come un uomo. Questo è correre ad armi pari. Quando nel 2007 sono diventata assessore regionale alla Sanità, sono stata la prima donna ad avere l’incarico. A giugno promuoverò a Roma la prima conferenza nazionale sulla femminilizzazione della Sanità, dato reale ormai, visto che il 74% del personale infermieristico è donna, come il 34% della dirigenza medica e solo il 10% dei vertici».
Con Zaia la Lega è diventato il primo partito in Veneto.
«Zaia era il miglior candidato per la sua capacità comunicativa. Non voglio fare un confronto tra lui e Tosi, l’ubbidienza non è sottomissione ma rispetto dell’altro. Il Veneto diverrà la Regione pilota per il federalismo fiscale, il primo punto del nostro programma. È giusto che avvenga a Nordest perché qui siamo riusciti a tenere fermo il contatto con la terra, che ci garantisce la qualità della vita, e nel contempo siamo stati in grado di portare avanti un processo industriale di piccola e media impresa sempre a nostra misura».
La seconda priorità?
«L’alleanza con Berlusconi per tenere compatto il Pdl. Non è stato facile dare a Zaia la parte del primo purosangue, mi creda, le lotte sono state efferate. Berlusconi ha capito che i tempi erano maturi e Bossi aveva bisogno di dare corpo ad un vero laboratorio istituzionale».
Le signore in politica?
«Abile equilibrista Mara Carfagna, che gestisce un ministero complesso. Sfido qualsiasi persona a descrivermi con esattezza le competenze delle Pari opportunità in un Paese come l’Italia. Acuta la Gelmini, che cerca di mettere il bambino e i suoi diritti al centro non solo della scuola, ma anche della politica. Questo è il futuro e anche il presente: alla donna compete per natura la lotta contro la pedofilia. E poi, permetta, un cenno particolare su Rosi Mauro, vicepresidente del Senato. Nessuno considera mai a sufficienza il lavoro di questa forza caparbia all’interno della Lega. Lei è l’energia rosa del nostro partito».
In Veneto si dice che la Lega ha la forza sul territorio della Dc e la compattezza partitica del Pci. Condivide questa visione?
«In un certo senso condivido, per un solo principio: la persona prima di tutto. Un esempio. Nei giorni scorsi abbiamo prestato molta attenzione alla delicata questione delle intercettazioni telefoniche, faccenda scottante, non c’è dubbio. Ma un leghista sa che quando poi va a parlare con il pensionato di settant’anni, non può raccontare storie di spie in cornetta a un uomo che non è in grado di usare il cellulare. A lui interessa la pensione e magari l’assistenza medica per il fratello ammalato di Alzheimer.

Questa è la forza di un partito e il dovere di un politico, uomo o donna che sia. Altrimenti ci diamo all’ippica, come all’inizio della nostra conversazione e, visti i problemi interni al mondo dei cavalli, non sarebbe sbagliato. Che dice?».

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