
Un'estate a reggere grandi palcoscenici, dopo tanti anni trascorsi a portare la loro ricetta di pop punk scattante nei club. Tappe particolari dal Rock in Roma di fine giugno all'ultimo evento atteso questo sabato al Carroponte di Sesto San Giovanni, l'ultima data del Tutto è possibile in Tour per l'occasione battezzato col sottotitolo "Back To School" che hanno messo un punto ai "primi vent'anni" dei Finley.
La band nata a Legnano nel 2002, salita al successo delle classifiche nel 2006 proprio con l'album "Tutto è possibile" e con hit come "Diventerai una star" e "Sole di settembre", sfoggia oggi volti più adulti ("sui quaranta, con famiglie a carico") ma lo stesso entusiasmo. Difatti al Carroponte i Finley hanno intenzione di festeggiare il fine tour con diversi amici e colleghi sul palco, alcuni dei quali già coinvolti nei duetti dell'ultimo album "Pogo Mixtape Vol.1", uscito a maggio 2024 dopo sette anni dall'ultimo disco da studio. Ci saranno, tra gli altri, Bambole di Pezza, Divi dei Ministri, Naska, Nina Zilli. Il frontman dei Finley, Pedro, spiega in questa occasione come il serbatoio della band sia pieno. Di ottimismo.
Con quale spirito arrivate sulla piazza milanese?
"Con parecchio entusiasmo pensando all'estate alle spalle: platee gremite di pubblico, avevamo il fuoco sotto il palco davvero. Abbiamo sentito di aver mantenuto le aspettative della gente e, cosa più difficile, di noi stessi. I musicisti, si sa, non sono mai completamente soddisfatti".
Quello a Milano, in fondo, è un ritorno.
"Sì, l'autunno scorso il live evento al Forum di Assago fu per noi il primo palazzetto, un momento fondamentale da cui è partita la certezza di poter realizzare il tour estivo. Abbiamo suonato in contesti importanti, come Rock in Roma e Este Music Festival, dove sullo stesso palco passavano artisti nazionali e internazionali. E li abbiamo affrontati a dovere".
Ci spiega il sottotitolo Back To School?
"Arriviamo al Carroponte con quella sensazione che provano molti giovani studenti: quella di avere avuto un'estate speciale e che settembre, per l'appunto, mette il punto. Per usare una facile metafora calcistica, abbiamo capito che i club sono il Campionato, quando bastano i tre punti a partita, mentre i palazzetti e i festival sono il Campionato del Mondo, poche date in cui non devi sbagliare nulla".
Vent'anni di dischi: qualche errore o rimpianto alle spalle?
"Su cose fondamentali, assolutamente no. Poi ognuno può fare qualcosa meglio. Ma può fare anche di peggio. I bilanci non appartengono ai Finley, perché guardiamo sempre avanti".
Appunto 20 anni di musica e amicizia. Una battuta dice che la musica unisce chi la ascolta e divide chi la fa. Nessun segno di logoramento?
"La frase è saggia, è vero che nelle band i componenti cambiano vita, subentrano le famiglie, insomma ci sono percorsi umani oltre che artistici. Ma siamo fortunati. Siamo ancora amici perché ci siamo sempre detti che ognuno deve essere peculiare nella band, deve sentirsi coinvolto al 100%. Ci stiamo riuscendo".
Vent'anni fa qualcuno vi dava della boy band perché avevate alle spalle Claudio Cecchetto, avevate bei faccini e piacevate alle ragazzine. Però voi suonavate, e mica male.
"Una vita da outsider, diciamo così.
Prima ci dicevano quelle cose, oggi sembra che usare le chitarre elettriche sia da alieni. Ma anche vent'anni fa la chitarra risultava poco radiofonica, diciamo così. Siamo stati a turno troppo rock per il pop, troppo pop per il rock. Le canzoni che abbiamo scritto sono state la risposta".