«Il nostro concerto come un film» Gli Stadio in scena allo Smeraldo

La band: «Ci piacerebbe scrivere per la Mannoia o tornare a lavorare con Laura Pausini»

Antonio Lodetti

Eccoli lì gli Stadio. Senza mai prendersi troppo sul serio da venticinque anni tengono alta la bandiera del pop italiano di qualità, togliendosi lungo la strada grandi soddisfazioni. Le collaborazioni con Vasco, Dalla, Ron, Guccini (tanto per citarne solo alcune) i brani scritti per il cinema (soprattutto per Verdone e Albanese) e per la tv (la serie I ragazzi del muretto). E poi, naturalmente, una vita in concerto, come dimostra il nuovo tour che stasera li porta al Teatro Smeraldo. Non il solito show degli Stadio; uno spettacolo completamente rinnovato con una nuova scenografia e soprattutto con i brani (quelli classici come Dimmi chi erano i Beatles, quelli dell’ultimo album L’amore volubile, alcune cover come Eppure soffia di Pierangelo Bertoli) completamente riarrangiati, senza tralasciare un occhio di riguardo al cinema. Dura la vita della star?, chiediamo al leader carismatico Gaetano Curreri. «Non mi sono mai considerato né una star né tantomeno una popstar. Il mio mondo è quello dell’avanspettacolo in senso nobile, come lo intendeva Totò. Io mi diverto a suonare, mi entusiasmo, non ho mai pensato ai soldi né alla gloria».
È questo il segreto degli Stadio?
«Sì, oltre alla sincerità e alla passionalità che vengono dalla mia terra, la Romagna».
Soddisfatti dell’ultimo disco?
«Soddisfatti perché il pubblico ci ha ripagato portandoci in alto nelle classifiche».
Sempre in tournée, sempre on the road.
«La tournée è un meccanismo virtuoso che ti mette alla prova sera dopo sera».
Avete un pubblico fedelissimo.
«Sì, dico sempre a chi ci ascolta se "l’amore è volubile" il vostro affetto per fortuna non lo è».
Proporrete i vostri brani in una nuova veste.
«Sì, per uniformare gli arrangiamenti dei vecchi brani a quelli più recenti. Per creare un continuum in modo che la musica sia omogenea, senza salti di tempo o di spazio».
C’è anche un omaggio a Pierangelo Bertoli.
«Un grande cantautore e un grande uomo, coraggioso e "contro". Ha combattuto a muso duro contro il suo handicap e contro il perbenismo. Quando Caterina Caselli ci ha chiesto di cantare Eppure soffia nel cd tributo a Pierangelo, abbiamo detto subito sì. Questa è una canzone da cantare; è stata scritta tanti anni fa, ma i problemi che ha denunciato non si sono risolti, anzi, si sono aggravati».
Nuove anche le scenografie.
«Che tradiscono il nostro amore per il cinema. Il concerto scorre come fosse un film, e in sottofondo, su uno schermo, passano le immagini dei film che ci hanno colpito. Fino ad ora ci siamo messi al servizio del cinema, per una volta sarà il contrario».
Il rapporto con Vasco?
«Sempre splendido, veniamo dalla stessa terra, una terra allegra e ospitale per tradizione. Comunque io e Vasco partimmo dalle colline di Zocca trasmettendo la musica che le radio ufficiali rifiutavano. Quello ci ha unito per sempre».
Nuovi progetti?
«Per ora no, piuttosto un sogno. Scrivere un brano per Fiorella Mannoia.

Ah, e poi tornare a lavorare con Laura Pausini, la più importante cantante italiana melodica a livello internazionale, non a caso anche lei una vera romagnola».
Gruppi stranieri preferiti?
«I Coldplay, via di mezzo moderna tra Beatles e Pink Floyd».
Come definire gli Stadio?
«Buoni costruttori di canzoni e ottimi musicisti, o suonatori. Il resto non conta».

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