Il nostro inviato

Antonio Socci scrisse che il Papa non dovrebbe andare in Turchia perché rischiava la pelle, e poteva sembrare un’esagerazione: ma se dovesse capitare qualcosa, invero, nessuno potrebbe negare che ve ne sia stata ogni premessa. Gli articoli li avete letti: manifestazioni anti-Papa già non sono mancate, a Istanbul ne è prevista una con centomila persone e un mega striscione dove al Papa si dà di ignorante: è la curiosa libertà d'espressione in un Paese dove paradossalmente ce n'è poca. Sappiamo che praticamente nessuno vuole incontrare il Papa (non Erdogan, non il sindaco di Istanbul) mentre chi lo incontrerà, il Gran Muftì, è l'uomo che dopo il discorso di Ratisbona disse che «L'Islam deve guardare con preoccupazione al viaggio di Benedetto XVI». Sappiamo che Erdogan liquidò il Vaticano dicendo che «la Turchia parla solo coi Paesi europei» e sappiamo che questa visita è la mera riparazione di un precedente diniego turco. Sappiamo che non manca addirittura chi attribuisce a un'influenza del Papa, che è tedesco, la crescente ostilità di Angela Merkel circa i negoziati con la Turchia.

In questo quadro, poi, come rivela Transatlantic Trends, apprendiamo che i turchi favorevoli all'ingresso in Europa, due anni fa, erano il 30 per cento, mentre oggi sono il 21. I simpatizzanti per l'Iran di Ahmadinejad, invece, erano al 34 per cento e oggi sono al 43. Chi antipatizza per la Turchia vede nel Papa un nemico, chi simpatizza pure.

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