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Novara, in strada col burqa: multata

Per la prima volta applicata l’ordinanza che impedisce alle donne di essere velate integralmente. Fermata dai carabinieri la donna ha rifiutato di alzare il velo in loro presenza: multa da 500 euro

Novara, in strada col burqa: multata

Dopo cinque ore di attento studio, il commissario Leonardo Borghesani ha firmato la notifica della sanzione amministrativa. Arriverà a stretto giro di posta al domicilio della signora musulmana che venerdì mattina passeggiava accanto al marito lungo una strada di Novara, completamente coperta da un velo blu. Un burqa, per intenderci. La signora dovrà pagare un bel 500 euro perché, si legge nel verbale, «portava abbigliamento che rendeva difficoltosa la sua immediata riconoscibilità suscitando disorientamento, situazione di insicurezza e disagio con chiaro potenziale pregiudizio della tranquilla e pacifica convivenza».

A Novara, dunque, non si può più camminare per strada con il velo calato sul viso. Prima città italiana dove si è applicata un’ordinanza del sindaco (la 36 del 29 gennaio scorso) che impedisce alle donne musulmane di gironzolare coperte come dei fantasmi nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Che in pratica vuol dire un po’ dappertutto, parchi, supermercati, scuole, ospedali.

Nel caso concreto, per esempio, la donna coperta si aggirava nelle vicinanze di un ufficio postale più volte preso di mira da rapinatori. Non a caso, stazionavano i carabinieri davanti all’entrata, intenti a controllare i casi sospetti. E cosa c’è di più sospetto di una sagoma scura che nasconde la faccia oltre che tutto il corpo di una persona? Così i militari hanno fermato la coppia nel tentativo di identificarli. Il marito, regolare immigrato, non ha fatto questioni. Sua moglie sì. Senza la presenza di una donna si è rifiutata di alzare il velo e rivelare la sua identità. Per motivi religiosi. Dopo un momento di perplessità, i carabinieri hanno imboccato la strada di una conciliazione amichevole. E molto paziente. È stata chiamata sul posto una vigilessa che è riuscita a guardare in faccia la donna e a riconoscerla con l’aiuto della carta d’identità.

Ma l’avvenuta identificazione non ha evitato alla musulmana una bella sanzione amministrativa consentita perché il sindaco leghista, Massimo Giordano, ha emanato un provvedimento esecutivo ancora fresco di stampa. «L’applicazione di questa ordinanza è l’unico modo a nostra disposizione per ovviare a comportamenti che rendono ancora più complesso il già difficile percorso d’integrazione» spiega Giordano. «Con questa sanzione - aggiunge - si passa dal provvedimento assunto a gennaio con finalità di dissuasione, all'applicazione concreta dell'ordinanza. C’è ancora qualcuno che non vuole capire che la nostra comunità novarese non accetta e non vuole che si vada in giro in burqa. Indossare un abito che non consente il riconoscimento personale può essere tollerato tra le mura di casa, non nei luoghi pubblici. Insomma a Novara non si può pensare di far quello che si vuole, è necessario rispettare le nostre regole», dice senza giri di parole il sindaco che si trova ad governare il primo comune italiano in cui è stata sferrata una vera e propria guerra ai veli integrali.

Una legge nazionale sul burqa e il niqab, infatti, ancora non è stata emanata. In commissione parlamentare c’è un gran dibattito ma non è stato ancora approvato alcun testo condiviso. Così come in Europa, dove però si moltiplicano le iniziative contro ogni forma di integralismo islamico. In Belgio, per esempio, i deputati hanno approvato la proposta per il divieto assoluto di burqa islamico e niqab nei luoghi pubblici. Anche in Francia l’esecutivo intende presentare un progetto di legge analogo. A Bruxelles, invece, una vice-presidente del Parlamento europeo, capogruppo dei liberali tedeschi del Fdp, ha ieri lanciato un appello per impedire l’utilizzo del velo islamico integrale in tutta l’Unione.

«Mi piacerebbe che la Germania e tutta l’Europa vietassero il velo islamico in tutte le sue forme» ha dichiarato Silvana Koch-Mehrin. «Il burqa rappresenta un attacco ai diritti delle donne, è una prigione ambulante». Parole condivise dal consigliere regionale lombardo della Lega Nord, Davide Boni, che sollecita «un giro di vite» anche in Italia.

«Troppo spesso le donne musulmane sono costrette ad indossare burqa e niqab contro la propria volontà – spiega il leghista - con una conseguente gravissima limitazione e violazione dei diritti umani».

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