Caro Granzotto, premesso che sono un suo «tifoso», le scrivo in merito allutilizzo dellenergia nucleare. Condivido completamente le sue idee e le sue logicissime spiegazioni. Oltretutto ci sono centrali nucleari in Paesi confinanti con lItalia talmente vicine che, se dovessimo pensare a un incidente, sarebbe come se fossero nel nostro territorio. Ma il motivo per cui le scrivo è questo: che fine fanno le scorie nei Paesi in cui ci sono le centrali nucleari e che fine farebbero quelle che verrebbero prodotte dalle nostre, se venissero costruite? Pur non essendo un esperto in materia mi pare che queste scorie divengano inattive dopo tempi biblici. E con il passare degli anni queste scorie continuano ad aggiungersi a quelle già prodotte. In pratica: qual è la quantità di scorie nucleari già prodotte nel mondo e quale quantità si può stimare che venga prodotta in futuro? E cosa se ne fa? Ci sono pericoli? E se ci sono quali sono?
Venezia Lido
Grazie per il tifo, caro Tettamanti. Sì, quello delle scorie è un problema serio, ma non dirimente come vorrebbero gli antinuclearisti. I quali, sapendo perfettamente che allo stato delle cose lo stoccaggio ha limiti di sicurezza altissimi, allungano e di molto il tiro, sostenendo che nessuno può garantire che restino tali per i secoli che devono trascorrere prima che i rifiuti di terza categoria, quelli a più lento decadimento, ritrovino la naturale stabilità nucleare. Questo è vero: non cè chi possa leggere nella sfera di vetro, ma bisogna subito chiarire che quelle di terzo livello (il nettunio 237, a esempio) rappresentano il 3 per cento dellinsieme delle scorie prodotte dagli attuali 445 reattori dislocati nelle 31 nazioni che ricorrono al nucleare per produrre energia. Scorie che nellinsieme oggi ammontano, grosso modo, a 200mila metri cubi. Dei quali, tuttavia, il 90 per cento è costituito da rifiuti di primo e dunque scarsamente pericoloso livello, come linsieme del materiale usato in radioterapia o nella medicina nucleare o come lattrezzatura e gli indumenti usa e getta in uso negli impianti nucleari.
Per dare una idea, se volessimo concentrare in un solo luogo tutto il materiale a più alta radioattività - di terzo livello, cioè - attualmente stivato nei contenitori iperisolanti, esso occuperebbe unarea non superiore a quella di un campo di pallacanestro.
Trattandosi di modeste quantità, dopo esser stata vetrificata la maggior parte delle scorie di terzo livello vengono immagazzinate nelle centrali nucleari che le hanno prodotte. Il restante, cioè il grosso, finisce in bidoni immersi nella malta e racchiusi in contenitori di cemento armato conservati in strutture espressamente progettate o in depositi di tipo geologico, entrambi con standard di sicurezza altissimi. In futuro, e qui rispondo alla sua domanda, caro Tettamanti, allaumento delle centrali nucleari non corrisponderà un aumento nella produzione di scorie radioattive. Le centrali di quarta generazione con reattori a gas ad alta temperatura saranno infatti in grado di riutilizzare i residui riducendone la pericolosità nel tempo. Per concludere, la questione delle scorie nucleari si riduce a questo: limitatissimo ingombro e stoccaggi a prova di bomba (non metaforica). Già, rispondono gli antinuclearisti, ma se, mettiamo fra cinquecento, mille anni, su un deposito si schiantasse un asteroide? Be, in quel caso, è ovvio, salterebbe tutto.
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