Da noi si dice «menar il can per laia». A Teheran «menar lAiea». E basta. A Vienna lo stanno capendo anche le anime belle dellAgenzia Internazionale per lenergia Atomica. La conferma dellambiguità iraniana emerge dalla cosiddetta «risposta iniziale» fornita ieri da Teheran alle proposte formulate nei colloqui di Ginevra del 1° ottobre. In quella sede i cinque del Consiglio di sicurezza (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina) affiancati dalla Germania avevano proposto allIran di trasferire in Russia il 75 per cento dei 1.500 chili di combustibile nucleare già prodotto, completarne larricchimento e restituirlo, grazie alla collaborazione della Francia, sotto forma di barre pronte ad alimentare un reattore. La proposta puntava a portar fuori dalla Repubblica islamica il materiale utilizzabile, se arricchito al 90 per cento, per scopi militari e garantire un altro anno di tempo per avviare nuove trattative.
Ieri, dopo un mattutino bluff in cui il presidente Mahmoud Ahmadinejad allude a «condizioni per una cooperazione internazionale» lAiea riceve la consueta controproposta beffa di Teheran. In quella replica lIran fa capire di esser disposto al trasferimento in Russia soltanto se gli verrà contemporaneamente messa a disposizione unuguale quantità di uranio già arricchito. In caso contrario il trasferimento avverrà a rate e in piccole dosi.
La speranza dellamministrazione Obama di disinnescare la minaccia e guadagnare tempo viene dunque vanificata. E con essa la buona fede di El Baradei e di quanti allAiea si sforzano di ignorare gli indizi che fanno temere finalità tuttaltro che pacifiche. Alcuni li forniscono le stesse autorità iraniane quando insistono sulla necessità di ottenere uranio arricchito al 20 % e cioè a livelli ben superiori a quelli necessari per alimentare una semplice centrale nucleare. Lulteriore livello di arricchimento, ottenibile con la collaborazione di Russia e Francia, è indispensabile a detta di Teheran per alimentare un piccolo reattore destinato a usi medici. Il 18 ottobre scorso lIrna, lagenzia ufficiale iraniana, ha però diffuso una dichiarazione di Abdolfazl Zohrehvand, consigliere del supremo negoziatore Saeed Jalili secondo cui neppure il 20% basterà. «LIran - sostiene Zohrevand - potrebbe aver bisogno duranio arricchito al 63 per cento acquistato allestero o prodotto sotto la supervisione dellAiea». Larricchimento può però avvenire in tappe consecutive e lammissione, secondo alcuni preoccupati esperti, segnalerebbe dunque la volontà di avvicinarsi alla soglia del 90 per cento utilizzando il vecchio metodo del «tanto vi avevo avvertito».
Di fronte a questi segnali, alcuni esponenti dellAiea incominciano a contestare linazione del direttore generale Mohammed El Baradei. Da mesi nellagenzia circola un dossier semiclandestino sulla «Dimensione militare dei progetti iraniani» curato dal fisico nucleare finlandese Olli Heinonen, numero due dellAgenzia. Il documento indaga sugli esperimenti iraniani per sviluppare detonatori nucleari e analizza i piani 110 e 111, nomi in codice dei progetti per alloggiare una testata atomica su un missile Shahab 3 e per farle spazio sulla cima conica del missile.
Ad alimentare i sospetti di Heinonen contribuisce un breve filmato arrivato in occidente assieme ai dati segreti sui progetti 110 e 111. In quel filmato datato 2004 gli iraniani simulano al computer lesplosione di una testata trasportata da un missile a circa 600 metri daltezza, la più efficace per un attacco nucleare.
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