Nulle le nozze di chi ritarda la procreazione

da Roma

L’accordo preventivo tra coniugi, di rimandare la nascita dei figli in attesa che le condizioni economiche della coppia migliorino, e l’uso costante di metodi anticoncezionali sono motivo di annullamento del matrimonio concordatario celebrato in chiesa. La Cassazione ha infatti ratificato la dichiarazione di nullità delle nozze - sancita nel 2001 dal tribunale ecclesiastico delle Marche - di una coppia anconetana, Giuseppina N. e Claudio P., all’altare dopo aver deciso, dai tempi del fidanzamento, di non avere figli nei primi anni di vita coniugale e perciò di usare «accorgimenti anticoncezionali».
A chiedere l’annullamento del matrimonio (celebrato nel settembre 1993) era stato Claudio che, in piena crisi del «settimo anno», nel 2000 si era rivolto al tribunale della Chiesa. Per sciogliere il legame con Giuseppina, il marito fece presente ai giudici ecclesiali «l’accordo prematrimoniale sulla esclusione temporanea della procreazione».
Questo giudizio, pienamente condiviso dai magistrati ecclesiali e dalla Corte di appello di Ancona, ha reso esecutiva la pronuncia di nullità. Invano Giuseppina si è rivolta alla Suprema corte sostenendo di non essere al corrente della «riserva mentale» sul «bonum prolis»: insomma, lei diceva di non sapere che l’uomo che stava sposando non intendeva diventare papà.

L’istruttoria ecclesiale ha sottolineato come «l’uso costante di accorgimenti anticoncezionali» fosse una prova. La Cassazione non ha eccepito e con l’annullamento Giuseppina ha perso il diritto all’assegno di mantenimento.

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