Il dopo Il nuoto salvi Fede e il capolavoro del ct

Non c’è morte che non lasci un vuoto. Non c’è uomo che non lasci un abisso dietro di sé. Ma forse Alberto Castagnetti ha davvero esagerato. Basta ascoltare Federica Pellegrini per capire. Basta ripassare l’elenco dei successi dei suoi atleti, fra ori, argenti, bronzi e primati, per toccare con mano.
Castagnetti è stato un uomo chiamato ct fuori della piscina. Il mago dell’età dell’oro a bordo vasca. Con la sua capacità (tecnica e umana) ha portato il nuoto dove nessuno era mai arrivato e forse nessuno sarebbe arrivato. Aveva il carattere dei grandi vecchi carismatici. Per dire: Nereo Rocco e Giovanni Trapattoni, Cesare Rubini e Attilio Fini, mitico ct della scherma. Tutta gente che ha vinto e fatto vincere tanto. C’è qualcosa nel Dna, nel sangue, nella testa. Castagnetti era uno della specie ed ora il nuoto dovrà farsi la stessa domanda angosciosa che ieri si poneva la Pellegrini: che ne sarà di noi? I venti anni sulla panca ne hanno fatto un conducator insostituibile e nemmeno riproducibile.
Il nuoto ha ottimi tecnici, ma forse nessuno con tanta personalità, determinazione, istinto rivoluzionario, capacità di tener a freno gli istinti e navigare nelle difficoltà. Certo, il mondo del nuoto è meno stressante e devastante di quello, per esempio, del calcio. Quando i nostri atleti sono affondati, Castagnetti ha sentito solo sbuffi d’aria. Non tormenta, come sarebbe capitato nel pallone. Ora la federazione ha il dovere di preservare la campionessa numero uno. La Pellegrini dovrà cercare qualcuno che ne sappia frenare le tensioni, proteggerla, rassicurarla. Federica dovrà decidere se restare a Verona o trasferirsi a Roma dove il suo circolo ha una struttura già competitiva. Ma Federica è la prima a vedere il buio oltre la vasca: si conosce e conosceva Castagnetti.
Sì, forse la federazione ha sbagliato qualcosa pensando di avere un ct immortale, senza cercare un delfino.

Oggi tutti sono più soli: i vecchi campioni che cercano le ultime soddisfazioni fino a Londra 2012, ma anche i nuovi talenti. Lo sport insegna che, ad ogni dittatura tecnica illuminata, sono seguite grandi depressioni. E anche il nuoto rischia i suoi buchi nell’acqua.

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