La nuova Bolkestein spacca l’Unione «Vergognosa». «No, un passo avanti»

Agnoletto: così si apre al liberismo sfrenato. D’Alema si consola: ma anche il centrodestra si è diviso

nostro inviato a Strasburgo

Esce di scena il «mostro» Prodi-Bolkestein che liberalizzava i servizi nell’Europa a 25 ma che permetteva a ogni impresa di mantenere le norme del proprio Paese anche lavorando all’estero, il che costituiva un rischio pesante per quegli Stati in cui sono alti il tenore sociale e la relativa tassazione. Cosa subentri al suo posto, però, ancora non è troppo chiaro. Perché la direttiva varata ieri dall’Europarlamento - 394 sì, 213 no, 34 astensioni - intanto deve tornare alla commissione Barroso per una revisione e poi sottoporsi al vaglio, a maggio, dei capi di Stato e di governo prima di riprendere la via per l’Alsazia dove, in autunno, dovrebbe ricevere il suggello finale per entrare in vigore tra il 2009 e il 2011.
Perché non è chiaro cosa possa riguardare? Perché a essere cancellato non è stato solo il principio del «diritto d’origine», ma tutta una serie di comparti in cui gli Stati potranno continuare a vietare la libera circolazione di soggetti e imprese comunitarie. Spariscono dagli elenchi delle possibilità i trasporti, i porti, i servizi sociali, la sanità pubblica e privata, gli audiovisivi, il gioco d’azzardo, la sicurezza, le agenzie di lavoro interinale e tante altre cose che il commissario al Mercato interno Charly McCreevy o forse il summit potrebbero ripescare. O che la Suprema corte di giustizia europea, dopo denunce, potrebbe ancora far riemergere.
Al momento insomma resta salvo il principio della liberalizzazione dei servizi, grazie all’intesa socialisti-popolari. Ma anche su questo poco, già si litiga ferocemente. «È una porta aperta al liberismo sfrenato, si dà spazio alla furia privatizzatrice» strilla Agnoletto. «Una presa in giro, la fiera dell’ipocrisia: l’unica possibilità di servizi comunitari che resta in piedi è quella delle pompe funebri!» ribatte Emma Bonino che pure con Rifondazione ci si è alleata per il prossimo 9 aprile. In effetti - complice l’arrivo delle politiche - è proprio il voto italiano a finire sotto il microscopio di tanti, dato che inglesi, francesi, tedeschi e altri spostano già lo sguardo verso Barroso e la presidenza di Schuessel. Gli uomini di Prodi che sono nella Margherita hanno votato a favore del compromesso Ps-Pp, affossando la norma del Professore e dissociandosi dai liberali (di cui fanno parte) che hanno rifiutato «le scelte protezioniste». I diessini hanno votato a favore, inimicandosi Comunisti italiani, Rifondazione e Verdi che ritengono il varo un attentato alle conquiste sociali dei lavoratori. Ma D’Alema quando gli è stato chiesto cosa pensasse del fatto che la possibile nuova maggioranza si fosse già spaccata su un tema così delicato, ha scantonato in tono acido: «Come ha votato l’attuale maggioranza? Lo sapete o no? Ve lo dico io: si è divisa in tre!». Effettivamente Forza Italia e Udc hanno votato a favore del compromesso, la Lega ha votato contro e An s’è astenuta.

Ma se nel centrodestra emergevano comunque dei dubbi, nel centrosinistra affiorano invece certezze antitetiche. «Una vergogna» per Prc, Pdci, Verdi. «Uno schifo» ma di segno opposto per i radicali. «Un buon passo avanti» per Zingaretti e Letta dove però i due paiono pensano a orizzonti del tutto contrapposti.

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