Per Dan Brown si profila un nuovo processo per plagio: uno studioso di San Pietroburgo sostiene che lo scrittore americano gli ha rubato una delle idee-forza alla base del bestseller Il Codice da Vinci che ha allattivo 40 milioni di copie. «Penso che gli farò causa» minaccia Mikhail Anikin e a riprova del presunto «furto» patito cita un libretto (Leonardo da Vinci o la teologia in pittura) da lui pubblicato in patria nel 2000, tre anni prima che Dan Brown desse alle stampe il romanzo che lo ha reso ricco e strafamoso. «Anche lespressione Codice da Vinci è mia», sottolinea Anikin che per molti anni ha lavorato come esperto darte al museo dellErmitage, in unintervista al quotidiano Moskovski Komsomolets. Nuovi guai giudiziari in vista dunque per Dan Brown, uscito vincitore appena quattro giorni fa da una causa per plagio intentata davanti allAlta Corte di Londra da due storici inglesi - Michael Baigent e Richard Leigh - che lo accusavano di aver saccheggiato a man bassa un loro saggio del 1982.
Lo studioso russo parte dal fatto che nel libretto del 2000 propone la stessa decodifica allegorica della Gioconda raccontata da Brown. Questa la tesi: Monna Lisa non è il ritratto naturalistico di una donna ma unenigmatica fusione tra le due principali icone cristiane, Gesù (più visibile sul lato destro del volto) e la Madonna (più visibile sul lato sinistro). Ma come potrebbe Dan Brown aver saputo di un libro pubblicato in cirillico da uno studioso russo? Anikin ha una risposta: nel 1998 illustrò le sue ricerche sul capolavoro pittorico di Leonardo ad una delegazione di americani venuti da Houston a San Pietroburgo alla ricerca di quadri in vista di una mostra su Magritte.
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