La Nuova Compagnia Legnanese in scena stasera all’Elena di Sesto

«Olè! Miseria, rogna e dispiasè»: in poche parole l’essenza della commedia con l’Eleonora e la Rina

Viviana Persiani

A distrarsi un attimo si corre il rischio di confondersi. Eppure, la Nuova Compagnia Legnanese, fondata da Alvaro Testa, rappresenta un voltar pagina, un lasciarsi, in un certo senso, i ricordi alle spalle, un voler dimostrare che, nonostante qualche delusione personale, la voglia di far teatro è ancora tanta; soprattutto, quando ad animarti è il desiderio di dire qualcosa di nuovo, magari alimentato da un pizzico di rivincita.
È inutile negare che il nome del nuovo sodalizio teatrale richiami subito alla mente quello degli attuali «Legnanesi di Felice Musazzi» che hanno in Antonio Provasio l’erede naturale della Teresa musazziana. Eppure, anche se nella nuova compagnia di Testa gli spettatori più fedeli ritroveranno volti cari come Rino Maraschi e Lino Mario, alias Rina & Eleonora, vale a dire molti ricordi per chi ha sempre seguito con passione la storia di una delle compagnie più famose del teatro italiano, la strada intrapresa è ben differente.
Dopo le felici tappe di Uboldo e Vigevano, toccherà, questa sera, in data unica, al Teatro Elena di Sesto San Giovanni ospitare i due atti di Olè! Miseria, rogna e dispiasè, la rivista musicale dialettale inedita che bagna il debutto del nuovo sodalizio.
«Abbiamo avuto molto coraggio - confessa Testa - a riemergere dopo che, dalla notte alla mattina, qualcuno ha deciso che era venuto il momento di voltare pagina nella storia dei Legnanesi, accantonandoci».
Un divorzio nostalgico visto che, come nuova compagnia, avete deciso di inserire il termine Legnanese. Non si rischia, per l’ennesima volta, di fare confusione con gli attuali «I Legnanesi di Felice Musazzi»?
«Siamo nati come Legnanesi; abbiamo lavorato, io, la Rina e l’Eleonora, per anni, accanto a Musazzi. Perché dobbiamo scrollarci di dosso questa eredità, chiamandoci con un altro nome? Non facciamo imitazioni. Portiamo avanti un discorso di novità. Proponiamo situazioni e personaggi nuovi senza ricorrere a “scimmiottamenti” di Teresa e Mabilia. Addirittura siamo stati diffidati dal proporre i loro nomi nei nostri testi; problema che non sussiste perché nelle nostre commedie ci sarà spazio solo per soggetti nuovi».
In che senso, novità?
«Ho scritto uno spettacolo, a mio parere, innovativo. Esco dallo stereotipo col quale tutti mi hanno conosciuto, proponendo un nuovo impianto scenico. Sul palcoscenico, lo spettatore vedrà un altro palco, con una scenografia che riproduce un bosco. In mezzo ad esso, la piazza di un paese. Questo è il centro nel quale si svolge uno spettacolo che, grazie a scene che ruotano, si sviluppa attraverso un susseguirsi di quadri. Ricalchiamo, in un certo senso, lo stile che fu di Garinei e Giovannini».
Quindi, abbandonate il cortile?
«Assolutamente no. Il fulcro della situazione è sempre lui, il luogo dove vive una classe operaia alle prese con storie di miseria e vicissitudini familiari. In particolare, è la famiglia Brasca che anima la vicenda.

Ne fanno parte Giulia e Pietro, con le due figlie Eleonora e Mary».
Dopo questa tappa, cosa vi aspetta?
«Diciamo che le tre date ci sono servite come test per capire l'apprezzamento del pubblico, che è stato alto».

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