Una nuova cura biologica rallenta lo sviluppo dell’asma «persistente»

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Gianni Mozzo

Anche l’asma può rivelarsi mortale. Ci sono forme asmatiche gravi (15 milioni di casi in tutto il mondo) che stroncano, se non curate, giovani vite. Il fenomeno asma è comunque preoccupante, perché è in continuo aumento, specialmente nei bambini. L’asma grave peggiora notevolmente la qualità della vita: dà stanchezza, affanno, insonnia, paura.
Ci sono rimedi? Uno studio multicentrico, supportato da Novartis, condotto su 4.300 pazienti tutti affetti da asma grave e pubblicato recentemente su Allergy, rivista europea di allergia e immunologia clinica, regala buone speranze. Lo studio in parola, coordinato dal professor Jean Bousqué di Montpellier, un’autorità in materia, è arrivato alla conclusione che il trattamento con un nuovo farmaco biologico migliora notevolmente la condizione dei pazienti.
Questo farmaco (nome chimico: omalizumab)ha ridotto le riacutizzazioni asmatiche del 38 per cento, le visite di emergenza del 47 per cento e le sedute di pronto soccorso del 61 per cento. Migliora inoltre la sintomatologia asmatica sul piano respiratorio.
In Italia il nuovo principio attivo è stato studiato su campioni di minori dimensioni, a Genova e a Napoli. Ne parliamo col professor Gennaro d’Amato, che dirige la Divisione di malattie respiratorie dell’ospedale Cardarelli e che è nel board di Allergy. A Napoli, ci dice, il suo gruppo ha sperimentato il nuovo farmaco biologico su 150 pazienti, maschi e femmine, età media 25 anni, tutti affetti da asma «persistente», cioè da una patologia cronica che non è soggetta a ritmi stagionali e che è più grave delle altre.
Il professor D’Amato ci spiega che con questo anticorpo monoclonale ottenuto per sintesi è arrivato a risultati sovrapponibili a quelli pubblicati su Allergy, cioè buoni.

«Non bisogna accontentarsi dei primi successi» aggiunge «perché l’asma persistente è sempre in agguato e quindi servono riscontri frequenti: se è necessario bisogna passare a un secondo ciclo di cure».
L’asma grave ha alti costi sociali, superiori a quelli richiesti da patologie più note come Aids e tubercolosi.

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