Nuova Irpef, stangata per una famiglia su 3

Con l’emendamento della maggioranza lo Stato guadagnerà di più. Rincarano le sigarette. Il Pdci: tassa al 47% sopra i 150mila euro

Gian Battista Bozzo

da Roma

La riforma dell’Irpef by Visco provoca un danno fiscale a oltre una famiglia italiana su tre. Lo afferma l’Isae, in un rapporto su «Finanza pubblica e redistribuzione», presentato ieri. Grazie alle modifiche varate con l’emendamento del governo «la situazione dovrebbe migliorare», si augura il presidente dell’Istituto di analisi economica, Alberto Majocchi. Ma il fatto è che la nuova Irpef danneggia - salvo modifiche dell’ultima ora - il 34,8 per cento delle famiglie. Dov’è finito lo slogan prodiano secondo cui «il 99 per cento degli italiani pagherà meno tasse»?
Il nuovo regime di detrazioni inserito nell’emendamento del governo alla Finanziaria, secondo i primi calcoli, dovrebbe «salvare» da maggiori tasse i redditi da lavoro dipendente con carichi familiari fino a 40mila euro l’anno, e quelli da lavoro autonomo fino a 29mila euro. Oltre all’evidente diversità di trattamento fra dipendenti e autonomi, non mancano altre incongruenze: ad esempio non si capisce perché un lavoratore autonomo con coniuge e un figlio a carico incominci a pagare più tasse quando il reddito arriva a 30mila euro, mentre con il solo coniuge a carico pagherà di più dai 33mila euro in su. Analoghe stranezze si riscontrano nel lavoro dipendente, se il contribuente, oltre al coniuge, ha uno o due figli a carico: in alcune circostanze, paga di più con due figli da mantenere.
L’emendamento contiene, oltre alle incongruenze, anche un’amara sorpresina. Non sarà più possibile ripartire fra coniugi, nel modo più conveniente, le detrazioni per i figli a carico. Finora i figli venivano messi a carico del coniuge che dichiarava di meno, per ottenere il maggior beneficio possibile. Adesso è stato introdotto l’obbligo del fifty-fifty: ciascun coniuge non potrà detrarre più del 50%. C’è una sola alternativa, ed è la detrazione al 100% da parte del coniuge più «ricco», operazione da fare nel caso in cui i redditi dell’altro coniuge siano talmente bassi - siamo nell’ordine di duecento euro l’anno nel caso di un solo figlio - da non rendere possibile la detrazione. La sanzione per chi devia da queste due opzioni è la cancellazione delle detrazioni per i figli a carico. E meno male che uno dei punti forti del programma elettorale dell’Unione era l’agevolazione della famiglia, anche in termini fiscali. Nel caso di coniugi separati legalmente, o divorziati, la detrazione fiscale spetterà al genitore affidatario; in caso di affido condiviso, la detrazione è ripartita al solito 50%. Arriva, infine, una detrazione fino a 2.100 euro per le spese sostenute per badanti, nei casi di non autosufficienza e per i redditi fino a 40mila euro.
Nonostante le supposte agevolazioni per i redditi fino a 40mila euro (se dipendenti) o 30mila (se autonomi), il nuovo regime Irpef porta ancora maggiori incassi per lo Stato, rispetto alla versione «pre-emendamento». Nel 2007 il maggior gettito sarà di un milione di euro, nel 2008 i milioni saranno due, che aumenteranno a 66 milioni nel 2009. Questo accade perché, per compensare eventuali cali di gettito, il viceministro delle Finanze ha deciso l’aumento della tassa sulle sigarette per 205 milioni di euro, sia per il 2008 che per il 2009. Da qualche parte, insomma, si acchiappa. L’emendamento sull’Irpef prevede anche una «clausola di salvaguardia» che riguarda esclusivamente la tassazione del Tfr: se dovesse risultare in aumento, si potrà calcolare l’imposta con il vecchio sistema.
Non compare invece, nel testo, l’aliquota del 45% sui redditi fino a 150mila euro, che erano stati proposti in un emendamento dell’Ulivo «bocciato» da Prodi e Visco. La nuova aliquota avrebbe comportato un incasso di 200 milioni da destinare a un aumento delle detrazioni Irpef per i pensionati con più di 75 anni d’età. Al grido «basta con gli autogol», da Palazzo Chigi è partito l’altolà. Ma l’ulivista Marina Sereni, spalleggiata dalla sinistra radicale, non demorde. «A noi non interessa l’aliquota in sé, ma la tutela dei pensionati: bisognerà trovare un’altra copertura», spiega la vicecapogruppo alla Camera. Sereni trova appoggio da parte di Franco Giordano: «Sull’aliquota al 45% bisognerà ritornare - avverte il segretario di Rifondazione comunista -, trovo importante che per i redditi da 100mila euro in su ci sia un intervento più drastico».

Per il capogruppo dei Comunisti italiani, Pino Sgobio, l’aliquota sopra i 150mila euro deve arrivare al 47%. Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, ricorda che in Danimarca l’aliquota più alta è al 60%, e quindi in Italia è «sacrosanta». E Visco annuncia «altre novità fiscali in Senato, ma non sull’Irpef».

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