La nuova Libia tenta la riconciliazione: «Perdoneremo i soldati di Gheddafi»

Il nuovo governo libico è pronto a «perdonare» chi ha combattuto con le forze di Muammar Gheddafi contro i tuwar, ma restano da fare i conti con le milizie armate che presidiano Tripoli, protagoniste oggi di un nuovo scontro a fuoco nella capitale.
«Siamo capaci di perdono e tolleranza - ha detto il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico, Mustafa Abdel Jalil - siamo capaci di perdonare i nostri fratelli che hanno combattuto i rivoluzionari così come tutti quelli che hanno commesso atti o pronunciato parole contro questa rivoluzione». Sulla stessa linea il premier Abdurrahim El Keib: «Il futuro non può essere costruito sulla base della vendetta». Per ora però nessun esponente del Cnt ha precisato in che modo intenda «perdonare» gli ex soldati del rais.
A fine novembre un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato che nelle carceri libiche ci siano 7.000 prigionieri. Non si tratta solo di ex militari: in cella - in realtà molte delle prigioni sono edifici di varia natura utilizzati come carceri - ci sono anche donne e bambini e decine di altri civili. Secondo l’Onu alcuni detenuti «sono stati torturati». L’organizzazione ha quindi invitato il Cnt a fare di più per «mettere sotto controllo le milizie armate, regolarizzare la detenzione, e impedire gli abusi».


Tra i prigionieri anche Saif al-Islam, il figlio del rais catturato dai ribelli di Zintan, detenuto in un «luogo sicuro» nella città arroccata sulle montagne del Jebel Nafusa, da dove i ribelli hanno lanciato l’estate scorsa l’offensiva decisiva contro Gheddafi .

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