«Questo canto trasformerà tutti gli immigranti in
veri ambrosiani». Ferruccio Ferrari, curatore dell’Antifonale
ambrosiano appena stampato, ha fiducia nel potere della musica. A
partire dai dodici Kyrie, il nuovo volume raccoglie centoquaranta
brani del repertorio ambrosiano più antico, alcuni contemporanei di
sant’Ambrogio, composti sul finire del IV secolo. Non mancano pezzi
ardui e ricchi di vocalizzi, ma a differenza del gregoriano, il
canto ambrosiano può contare su alcuni motivi semplici, accessibili,
quasi elementari. Adatti a tutti.
L’Antifonale,presentato nella
chiesa di santa Maria Annunciata in Camposanto dall’arciprete del
Duomo, monsignor Luigi Manganini, arriva settant’anni dopo l’ultima
pubblicazione voluta dal cardinale Schuster ed è pensato per il canto
del coro ma anche per la partecipazione attiva dell’assemblea nelle
parrocchie. Nelle pievi rurali, oltre che nel Vespro e
nell’Eucaristia capitolare in Duomo, la partecipazione dei semplici
fedeli agli antichi canti è già realtà. A volte, per chi arriva da
terre lontane, qualche verso latino è persino più semplice e usuale.
«La fedeltà al Concilio Vaticano II è incontrovertibile, ma non è
vero che il Concilio ha bandito il latino. Al contrario, vuole
valorizzarlo nelle parti più significative, ovvero nelle antifone»
spiega monsignor Manganini. «La nuova Messa di Paolo VI è certamente più
bella della precedente liturgia Tridentina, ma richiede grande
sapienza celebrativa » chiosa Ferrari. E di questa «sapienza »
fanno parte le antifone latine del canto ambrosiano, la più antica
musica occidentaleeuropea che sia ancora eseguita.
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