(...) ha preferito rifugiarsi nei vicoli e nella movida intorno a piazza delle Erbe piuttosto che fare da bersaglio ai raudi e ai petardi che continuamente venivano lanciati in mezzo alla folla da alcuni imprudenti nel campo di battaglia fra De Ferrari e il Porto Antico.
«Con Marta Vincenzi - spiega Gianni Plinio - sul palco c'era pure don Andrea Gallo in sciarpa rossa. Tutti a intonare Bella ciao come prima canzone per salutare il nuovo anno. Una roba mai vista. È la prima città d'Italia dove, al posto di canzoni spensierate si è a tutti i costi voluto fare politica. Un episodio quantomeno inopportuno che ha fatto arricciare il naso a molti genovesi e ha stupito i turisti, alcuni stranieri, che non capivano di che cosa si trattasse. Una vergogna. Avrei potuto capire se si fosse iniziato il 2010 cantando l'inno nazionale o con Ma se ghe penso. Ma così no. La festa è stata pagata da tutti i contribuenti genovesi. Non doveva essere rovinata e male organizzata fin dall'inizio cercando di inculcare, come al solito, quella cultura di sinistra che niente ha a che fare con occasioni come quella dei festeggiamenti di Capodanno».
A intonare il «Bella ciao», guarda caso, è stato uno dei cantanti che appartenevano al gruppo «Modena City Ramblers». Una band musicale nota per essere vicina alle posizioni dellarea no global e della sinistra di piazza. Dopo tutti i danni e le violenze subìte dalla città nel 2001 che il Comune abbia pagato un simile artista per festeggiare il 2010, è una scelta che ha il sapore di una beffa grande così.
«Non credevo alle mie orecchie - spiega un nostro lettore della riviera che ha voluto far sentire la sua voce - sono andato a Genova con altri amici. E non abbiamo trovato quasi niente. Che delusione. Soltanto mortaretti in mezzo ai piedi che ci scoppiettavano da tutte le parti. Le donne erano spaventate. E una band partigiana come al festival dell'Unità. Ma, a parte questo, siamo rimasti costernati pure dall'inadeguatezza delle parole della presentatrice in piazza De Ferrari. La donna ha lodato Genova pure come città medaglia d'oro della Resistenza. Una scelta inopportuna. Ma che razza di Capodanno è?, ci siamo chiesti in molti. Poi ha addirittura affermato che il veglione genovese non aveva niente da invidiare a quelli di Londra e Berlino. Penoso, oltre che beffardo. I dieci minuti prima della mezzanotte, che in altre città italiane sono stati i minuti di maggiore coinvolgimento del pubblico da parte degli artisti sul palco, in piazza De Ferrari, invece, sono stati accompagnati soltanto da silenzio. Tanto che eravamo quasi tutti girati a guardare, invece che il palco, il grande orologio di Primocanale».
Di parere contrario, invece, è l'anima degli ultimi due veglioni di San Silvestro in piazza. Che non si arrende neppure davanti ai numeri. Gli stessi «organizzatori», dopo i centomila dello scorso anno con Jovanotti, questanno «scendono» a quarantamila partecipanti, mostrandosi comunque di manica larga rispetto alla realtà fatta di piazze mezze vuote. Neppure la crisi ha spinto la gran parte dei genovesi ad apprezzare uno spettacolo totalmente gratuito.
«La festa è stata meno affollata rispetto a quella dell'anno scorso - ammette Nando Dalla Chiesa - quando avevamo invitato Jovanotti. Tuttavia c'è stata una buona distribuzione delle iniziative, i locali erano affollati e gli alberghi pieni».
Sarà. Staremo a vedere cosa dicono gli albergatori. Fatto sta che a mezzanotte De Ferrari era piena soltanto per quasi la metà e, un paio d'ore dopo, c'erano soltanto qualche centinaia di persone. Al Porto Antico, poi, finito lo spettacolo degli artisti di strada tedeschi, poco prima delle due e trenta c'era veramente una manciata di persone. E baci e sorrisi lasciavano spazio a lattine e bottiglie rotte sui marciapiedi. Scenario consueto che peraltro ieri mattina era già stato messo a posto dalle squadre di pulizia dellAmiu.
«Le persone - replica il dimissionario e forse rientrante super consulente per la promozione della città - sono rimaste in strada più a lungo. Alle due le piazze erano piene. De Ferrari è stata il simbolo di quello che volevamo fosse questa festa.
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