Doveva essere al Vigorelli, sarà all'Arena Civica, in occasione del suo bicententario: il luogo ai fan importa poco, l'importante è sentire e vedere lui, il Divo Claudio. Ma che Claudio Baglioni dia il via, questa sera, all'estate musicale milanese all'Arena in un assoluto, e scontato, sold out è particolare suggestivo. Soprattutto, è una dichiarazione d'amore di Milano al cantautore romano. Il Gran Concerto, uno dei tanti capitoli del progetto QPGA (Questo Piccolo Grande Amore: film, romanzo, live, album) arriva in città, dopo l'esordio trionfale di Roma. E Baglioni, un po' si sente a casa.
L'Arena Civica è uno dei cuori storici di Milano, che la città sta valorizzando sempre più: la scelta di ospitare il suo Gran Concerto qui, per l'apertura estiva dell'impianto, è simbolica. Milano la ama: come vive questo rapporto?
«Le dichiarazioni d'amore emozionano e confondono. Quella di Milano non fa eccezione. Di lei amo l'energia e il fatto che non si arrende. Non a caso, il romanzo QPGA parte da Piazza Fontana. Simbolo della capacità di trasformare una tragedia nell'energia necessaria a costruire una grande capitale europea. Chi riesce in un'impresa del genere, merita il rispetto di tutti».
A Palazzo Marino a maggio scorso lei accennò a un contratto discografico con Ricordi quando aveva solo sedici anni: decadde senza sviluppi. Perché Ricordi perse una simile occasione?
«Ero ancora minorenne: firmò mio padre. Un'opzione su 4 canzoni. Tra cui Annabel Lee, ispirata ad Edgar Allan Poe. Attesi 6 lunghi mesi. Niente. 5 dopo, quando Questo piccolo grande amore diventò un successo, arrivò una lettera. Manifestava un... certo interesse. Adesso ricordi?, pensai... Ma eravamo fuori tempo massimo».
Il Gran Concerto ha esordito a Roma: com'è stata la reazione del pubblico?
«Straordinaria. Non mi aspettavo una risposta così appassionata, la gente è rimasta inchiodata alla sedia. Alla fine l'emozione è esplosa incontenibile. Un'onda d'urto che ha fatto tremare il palco e che risuona ancora dentro me e i miei collaboratori».
Il progetto QPGA da mesi ha invaso l'Italia: il suo romanzo, il film di Riccardo Donna uscito nelle sale a febbraio scorso, ora questo tour. Non teme che questa "overdose" possa intimorire i più giovani, che vivono la musica in un modo immediato, più che riflessivo?
«No, non penso possa accadere. Gran Concerto è per tutti, come la metafora del sogno e quella del primo grande amore, che non dura tutta la vita, ma la cambia per sempre. Una storia-simbolo che può raggiungere tutti».
C'è grande curiosità intorno alla "messa in scena" del suo Gran Concerto. L'esecuzione musicale avrà comunque il predominio sulle immagini e le altre modalità di espressione?
«Con me ci saranno cinque musicisti reali ed un'intera orchestra virtuale, la Roma Sinfonietta, proiettata su un mega-schermo di 250 mq. Il primato resta alla musica, le immagini sono colonna visiva, una sorta di scenografia animata. Né introduzioni, né dialoghi, lasciamo parlare la musica. Lo spettacolo è in due parti: il racconto in musica di QPGA, quasi due ore di show, senza interruzioni. E Gli altri amori, un gran finale, con alcune tra le canzoni d'amore di maggior successo del mio repertorio».
Il tour anticipa i contenuti di un disco in uscita dopo l'estate: ci può anticipare qualcosa di quel disco, nel quale si annunciano collaborazioni eccellenti, da Allevi, a Rava, a Bollani?
«I primi ad ascoltare le novità saranno le persone che assisteranno ai concerti. Il cd diventa, così, memoria di quanto sentito dal vivo. Mi sembra giusto, specie per uno show che ha tutte le caratteristiche di una vera opera popolare moderna. Per quanto riguarda le partecipazioni, non faccio nomi. Dico solo che sono più di 50. Ma non sarà un album di duetti».
In una città come Milano non sempre è facile per giovani artisti trovare spazi dove poter suonare dal vivo. Cosa potrebbe fare oggi un "giovane Baglioni"?
«In questo Paese gli spazi per la musica non ci sono mai stati. E dubito ci saranno mai. Curioso destino, visto che abbiamo fatto la storia della musica».
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