Le nuove frontiere

Fatah al-Islam, il nuovo gruppo terrorista sunnita protagonista di stragi e scontri in Libano, è una pedina dei servizi siriani o di Al Qaida? La polizia libanese propende per la prima ipotesi, gli esperti americani e israeliani per la seconda, giustificata dalla provenienza dei militanti non solo dal Libano ma anche dalle moschee radicali dell'Arabia Saudita, del Pakistan, del Bangladesh, da sempre centri di reclutamento per Bin Laden e dove il regime laicista siriano di Assad non conta certo sostenitori. Tuttavia, considerata la spregiudicatezza di Al Qaida nelle alleanze, è anche possibile che Fatah al-Islam sia il frutto di un'operazione congiunta fra gli uomini di Bin Laden e quelli di Assad.
Ci sono maggiori certezze su Gaza, dove Al Qaida è riuscita a impiantarsi in modo stabile grazie a un accordo con la famiglia Dugmush, che è al vertice della criminalità organizzata locale. I Dugmush si sono arricchiti svolgendo la degna attività di assassini a pagamento. Noleggiare killer a Gaza, dove quasi tutti gli abitanti maschi adulti hanno una pistola e non esitano a usarla, sembra un po' come vendere ghiaccio al Polo Nord. Tuttavia il business dei Dugmush ha prosperato, perché sia Hamas sia Fatah preferiscono che i nemici siano assassinati da terzi in modo da poter negare ogni coinvolgimento. Il fiore all'occhiello dei Dugmush è l'uccisione nel settembre 2005 di Mussa Arafat, cugino del vecchio rais palestinese e uomo forte di Fatah. In quel caso il committente era Hamas. Ma i Dugmush hanno accettato anche «contratti» per l'assassinio di esponenti locali di Hamas su incarico di fazioni di Fatah. Dopo avere fornito la manovalanza per il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit - tuttora in mano ai sequestratori - un anno fa, i Dugmush si sono messi a pensare in grande. Hanno fondato i PRC, che non sono la sezione palestinese di Rifondazione Comunista ma i Comitati di Resistenza Popolare, e hanno fatto fiorire - anche per confondere le acque - tutta una serie di sigle: non solo Brigate Salah Addin (braccio armato «ufficiale» dei PRC) ma anche Brigate dell'Unità di Dio e del Jihad, Leoni dell'Unità (intesa come monoteismo islamico), Spade della Verità.
Le sigle fanno tutte riferimento al Corano, e i fratelli Dugmush - che si sono arricchiti con gli affari poco puliti - si sono improvvisamente ricordati di essere buoni musulmani. Ora la svolta: i PRC e le loro varie branche militari hanno giurato fedeltà a Bin Laden, e hanno perfino aperto un sito Web che è diventato il maggiore bazar via Internet di pubblicazioni di Al Qaida. All'inizio Hamas e Fatah hanno lasciato fare, e non solo perché i Dugmush hanno amici un po' dovunque. Hamas intendeva accusare Abu Mazen di non riuscire a fermare Al Qaida nonostante disponga a Gaza di ben quarantamila poliziotti, e il presidente a sua volta pensava di potere imputare la crescita di Al Qaida in Palestina al governo fondamentalista di Hamas. Ora sia i dirigenti ultra-fondamentalisti sia Abu Mazen hanno capito che in Palestina c'è una terza forza, e che rischia di travolgerli entrambi. Ma non sono capaci di fermarla, a meno che ci pensi Israele.

Quanto ai soldati italiani a Gaza vagheggiati da D'Alema - e che secondo qualche anima bella dovrebbero proteggere i palestinesi da Israele - è bene che si valuti, prima che partano, il rischio Al Qaida. Un rischio che esiste anche in Libano, nonostante il governo speri che, grazie ai buoni rapporti instaurati, in caso di attacco di Al Qaida i nostri militari siano protetti da Hezbollah.
Massimo Introvigne

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