Quei tre innocenti rovinati dai magistrati. Diego, Angelo, Antonio diventano testimonial

Le loro storie di vittime scelte come emblema della campagna per confermare la riforma

Quei tre innocenti rovinati dai magistrati. Diego, Angelo, Antonio diventano testimonial
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Un imprenditore. Un artigiano. Un politico. Vittime di ingiuste detenzioni senza orizzonte. Diego Olivieri, Angelo Massaro, Antonio Lattanzi. Erano in piazza a festeggiare l'approvazione finale della riforma della giustizia. E a raccontare le loro umilianti e imbarazzanti storie, fra errori e scivoloni senza rimedio della magistratura.

Diego Olivieri viene arrestato nella sua casa di Arzignano, in provincia di Vicenza, la notte del 22 ottobre 2007. La squadra della Dia che bussa al suo indirizzo è formata da 16 agenti. Un piccolo esercito per catturare quello che viene ritenuto un criminale di grande spessore. Lui non si raccapezza: "Volete un caffè?" No, lo portano via per una storia che mette insieme enormi quantitativi di droga fra l'Italia e il Canada e il riciclaggio, virtuale, di 600 milioni di dollari.

In realtà, anche se può apparire incredibile, la sua colpa è aver fatto un favore a un amico che aveva incontrato in Canada:portare a un conoscente in Veneto l'orologio d'oro dimenticato dall'altra parte del mondo. È stato quel Cartier vistoso a inguaiarlo.

Lui non c'entra niente, ma lascia la cella solo il 17 ottobre 2008, dopo 360 giorni di detenzione durissima. Al 41 bis. Le accuse si dimostrano sempre più evanescenti, lunari, quasi incomprensibili. E anche la fantomatica prova regina si squaglia: la Dia scrive in una nota che in realtà non c'è mai stato il sospetto che il famigerato pacchetto "contenesse sostanza stupefacente".

Infatti, dentro c'era solo il Cartier, portato in aereo per una cortesia. Un anno dopo, il 17 novembre 2009, il primo processo relativo alle misure di prevenzione finisce nel nulla. Il giudice di Vicenza spazza via le accuse che poggiano sul niente assoluto: "Non ci sono indizi di alcun genere - si legge nel verdetto - di un possibile concorso esterno dell'Olivieri avente a oggetto traffici di sostanze stupefacenti a favore dell'associazione criminale in argomento".

Il pubblico ministero però va avanti nel procedimento principale e alla fine chiede 12 anni di carcere. La sentenza arriva solo il 23 novembre 2012 e di nuovo fa tabula rasa.

I capi d'imputazione franano e la procura non fa nemmeno appello, tanto sono deboli i presunti indizi. Però sono passati cinque anni e di questi uno intero Olivieri l'ha passato in carcere.

Ad Angelo Massaro però va peggio, molto peggio. Resta in cella dal 15 maggio 1996 al 23 febbraio 2017. "Il record italiano - spiega lui - di carcere sbagliato". Il suo è un vero e proprio errore giudiziario, con condanna definitiva seguita dalla revisione. Il tutto per un omicidio mai commesso, quello di Domenico Fersurella, scomparso a Fragagnano, in provincia di Taranto, il 10 ottobre 1995 e mai più ritrovato.

Qualche giorno dopo, il 17 ottobre la moglie gli chiede di portare il bambino all'asilo. Lui, intercettato, risponde che non può: sta facendo una ristrutturazione. E deve trasportare il morto. O forse un oggetto pesante, una pala meccanica. Le parole si assomigliano, in dialetto ancora di più: muerte o muerse? Una consonante, senza altri riscontri, gli vale una condanna pesantissima che si basa sulla cervellotica interpretazione di una consonante in una conversazione a colpi di ciucci e biberon. La condanna diventa irrevocabile , con il timbro autorevole della Cassazione. Poi dopo una pioggia di esposti, i giochi si riaprono

Il 22 febbraio 2017 arriva l'assoluzione, ma ci vogliono altre 24 ore prima di tornare libero per intoppi burocratici. "Alla lettura della sentenza - conclude lui - mi sono avvicinato al sostituto procuratore generale che aveva sostenuto con forza la mia innocenza e gli ho detto: Grazie. Signor Massaro, ha replicato, non deve ringraziarmi di nulla, non ho fatto nulla, ho reso giustizia a un'ingiustizia che avete subito". Quando esce per la prima volta, Massaro ha le vertigini.

Storie di innocenti trasformati in colpevoli e messi alla gogna. Come accade ad Antonio Lattanzi. Assessore ai lavori pubblici a Martinsicuro, in provincia di Teramo.

Lo ammanettano il 21 gennaio 2002 per tentata concussione. Poi comincia un incredibile ping pong fra il gio e il riesame: quattro arresti, altrettanti annullamenti. In tutto, fanno 83 giorni di carcere e dieci anni di tormenti. Fino all'assoluzione finale l'11 maggio 2012.

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