Transizione energetica

Dalla Francia all'Italia, cosa si muove sul nucleare in Europa

Nuovi programmi in Francia, la volontà del governo Meloni di ritornare a parlare di nucleare in Europa: Pierluigi Totaro, presidente di "Nucleare e Ragione" commenta i nuovi sviluppi in materia in Europa

Dalla Francia all'Italia, cosa si muove sul nucleare in Europa

In Italia, di recente, la maggioranza ha promosso alla Camera una mozione che apre al ritorno del nucleare nel Paese; in Francia la transizione energetica coincide attentamente col rilancio della fonte nazionale più strategica e anche Emmanuel Macron sembra voler rilanciare le centrali del Paese. Che futuro ha dunque il nucleare in Europa? Ne parliamo con Pierluigi Totaro, docente a Trieste presso la Fondazione ITS A. Volta per le Nuove Tecnologie della Vita e presidente del comitato "Nucleare e Ragione".

Professore, l'Europa riprende la marcia verso il nucleare. Tra riunioni comunitarie e nuovi investimenti in Francia, che scenari si aprono?

Sembra finalmente che sullo scacchiere europeo si stiano predisponendo tutte le condizioni politiche per rilanciare il ruolo del nucleare nel continente, e gli scenari che si aprono sono davvero interessanti. Alla terza riunione della “Nuclear Alliance”- cui hanno partecipato 14 Stati Membri, oltre al Regno Unito in qualità di ospite e all’Italia come Paese osservatore - si è riconosciuto che l’energia nucleare potrebbe fornire entro il 2050 fino a 150 GW di capacità elettrica, ovvero circa il 50% in più rispetto all’attuale potenza installata. Questo equivarrebbe a circa 30-45 nuovi reattori di grossa taglia. Qualora questi numeri si concretizzassero, il contributo del nucleare alla transizione energetica sarebbe notevole e si assisterebbe anche ad un importante ritorno economico ed occupazionale per tutta l’Unione. Ora è necessario passare dalle parole ai fatti, ma ci sono già alcuni passi significativi: la Polonia, per esempio, prevede l’avvio della costruzione del suo primo reattore già nel 2026.

Parigi ha messo al centro di France 2030 la nuova "primavera" del nucleare. Come differirà rispetto al programma tradizionale?

"La strada tracciata dalla Francia prevede l’estensione delle licenze di numerosi impianti nucleari e la costruzione di almeno 6 nuovi reattori. La vera novità è che, dopo anni di annunci, si è proceduto nei giorni scorsi all’approvazione di un progetto di legge a larghissima maggioranza, con cui è stato finalmente rimosso il tetto del 50% alla quota di nucleare nel mix elettrico francese, imposto dal governo socialista nel 2014. È stato inoltre approvato lo snellimento delle procedure amministrative per l’avvio dei lavori dei nuovi impianti, e questo dovrebbe garantire l’apertura dei primi cantieri entro il 2027".

Nel progetto di Macron c'è anche un po' d'Italia. Newcleo, in particolare, può dettare la linea per i nuovi reattori d'Europa?

"Newcleo, un'azienda privata fondata nel 2021 con sedi in Regno Unito, Francia ed Italia, ha recentemente partecipato al summit "Choose France 2023" (insieme a realtà del calibro di Tesla) nell'ambito del quale ha presentato un piano di investimenti per un totale di circa 3 miliardi di euro entro il 2030, a supporto dello sviluppo e dell'implementazione dei suoi reattori nucleari innovativi sul suolo francese. I reattori proposti da Newcleo sono caratterizzati dalla piccola taglia e dall'impiego di piombo fuso come refrigerante, il che porta vantaggi in termini di sicurezza e consente di puntare alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare, caratteristiche particolarmente adeguate ad essere abbinate al grande parco di centrali esistenti in Francia. Il primo reattore dimostrativo da 30 MW è previsto per il 2030, e dovrà preparare la strada per la successiva flotta di reattori da 200 MW".

In Italia il Parlamento ha votato un primo atto di indirizzo verso il rilancio del nucleare. Come giudica questa mossa?

"Si tratta certamente di un primo, importante passo, soprattutto perchè per la prima volta una maggioranza parlamentare riconosce che il nucleare può avere un ruolo rilevante per gli obiettivi di decarbonizzazione, e invita a considerare questa opzione tecnologica con obiettività e senza condizionamenti ideologici. Un risultato impensabile, fino a qualche anno fa. Vedremo, alla prova dei fatti, quali azioni metteranno in atto il Governo e il Parlamento, nei prossimi mesi, affinché questi atti di indirizzo non rimangano delle semplici liste di buoni propositi. Ci auguriamo in particolare che le istituzioni si adoperino per aumentare la consapevolezza dei cittadini sul tema, sostenendo campagne informative basate sui dati scientifici, così come auspicato in entrambe le mozioni e in linea con quanto già da anni stanno facendo tante realtà importanti come il Comitato Nucleare e Ragione".

Sul fronte del deposito nazionale, nel breve periodo, di fronte alle recente candidature ci possono essere avanzamenti?

"La candidatura di alcuni comuni, annunciata dal ministro Pichetto Fratin, è certamente una notizia positiva e inaspettata, ma va considerata con le dovute cautele. Il Governo non ha infatti ancora reso pubblica la Carta Nazionale delle Aree Idonee, nonostante la SOGIN abbia trasmesso tutta la documentazione da ormai più di un anno. Sarebbe bene che il ministro velocizzasse la procedura di ratifica del documento, poiché solo in questo modo l’iter potrà ripartire. Nel frattempo, troppo poco è stato fatto per informare la popolazione sulle caratteristiche di questa infrastruttura e sulle ricadute positive per il territorio: che ci siano o meno delle candidature ufficiali, il rischio è che le resistenze dei cittadini e i timori degli amministratori possano rallentare irrimediabilmente la localizzazione del sito definitivo e la successiva costruzione del Deposito. Il Comitato Nucleare e Ragione è pronto a fare la sua parte e a collaborare con le istituzioni per rendere la cittadinanza più consapevole e responsabile su questo tema".

Infine, come procede la partita della fusione, perlomeno nelle intenzioni di ricerca? Le ultime settimane hanno visto un boom di annunci di investimenti

"Fino a circa 10 anni fa, gli investimenti a livello globale sulla fusione nucleare provenivano per la quasi totalità da fondi pubblici, ed erano rivolti principalmente allo sviluppo di grandi reattori di ricerca a confinamento magnetico di tipo tokamak, la tecnologia più matura e studiata negli anni. I tempi scala necessari affinché queste macchine possano contribuire alla decarbonizzazione sono però lunghi: secondo la roadmap europea per lo sviluppo della fusione, il reattore dimostrativo EU-DEMO dovrebbe infatti produrre il primo kWh negli anni '50 di questo secolo. È utile ricordare che una fondamentale pietra miliare su questa strada è rappresentata dal tokamak ITER, un reattore sperimentale attualmente in costruzione in Francia che dovrebbe iniziare le operazioni nucleari intorno al 2035. Sebbene non abbia lo scopo di fornire elettricità alla rete, ITER ha l’obiettivo di dimostrare per la prima volta nella storia un bilancio di energia complessivamente positivo: l’energia generata da reazioni di fusione sarà circa 10 volte superiore a quella spesa per mantenere caldo il combustibile nucleare".

ITER mostra che quando vuole l'Europa, a livello di Paesi, sulla ricerca può fare sistema...

"La costruzione di una macchina così complessa come ITER è stata possibile grazie ad una collaborazione internazionale da più di 20 miliardi nell'ambito della quale l'Italia ha avuto un ruolo di leadership nella fornitura di componenti. D’altra parte, a riprova del grande impegno del nostro Paese su questo fronte, l’Italia si prepara anche a ospitare un altro grande esperimento internazionale per le ricerche sulla fusione, il Divertor Test Tokamak in costruzione presso Frascati".

Sul fronte della ricerca industriale e privata, invece, che novità ci sono?

"Più recentemente, e in particolare negli ultimi 5 anni, il panorama è però cambiato sostanzialmente, con l'avvio di un gran numero di iniziative private (8 solo nel biennio 2021-2022) capaci finora di accedere a circa 5 miliardi di finanziamenti. Tali nuove iniziative propongono lo sviluppo di concetti alternativi rispetto ai grandi tokamak (ad esempio tokamak compatti e/o sferici e fusione a confinamento inerziale, per citarne solo alcuni), che potrebbero essere realizzati in tempi più brevi (già negli anni 30 di questo secolo). Le start-up della fusione stanno lavorando per dare sostanza a queste affermazioni mediante aggressive campagne di sviluppo e sperimentazione, che si distinguono dall’approccio tipicamente più prudente seguito dalle ricerche finanziate con fondi pubblici.

In conclusione, se la credibilità di queste promesse resta da dimostrare, l'interesse dei privati rappresenta certamente un importante segnale, nonché un'inattesa opportunità per accelerare anche il programma pubblico, se si riuscirà a produrre le opportune sinergie".

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