Alla ricerca di una via d'uscita dalle sue attuali difficoltà economiche, il nostro Paese avrebbe una grossa carta da giocare, quella dello sviluppo del Sudest europeo, insomma dell'Europa balcanica e danubiana. In questa prospettiva la recente visita ufficiale in Italia del presidente serbo Borislav Tadic assume un particolare rilievo. Oltre che a Roma, Tadic ha fatto tappa a Milano, dove è stato ricevuto dal presidente lombardo Formigoni, mentre la delegazione di circa 130 imprenditori al suo seguito incontrava alla Camera di Commercio il mondo dell'economia. In seguito ha raggiunto Trieste dove il presidente del Friuli-Venezia Giulia Illy lo ha incontrato privatamente.
Nel giugno 2004, con la non facile elezione di Tadic, la Serbia ha cominciato a lasciarsi alle spalle l'eredità dell'autoritarismo post-comunista di Milosevic. Sarà però difficile che Belgrado possa fare molti altri passi avanti sulla via della democrazia, oltre ai pochi che ha già fatto, se l'intero Sudest europeo, di cui la Serbia è il baricentro geografico, non diverrà oggetto di un grande piano di sviluppo condiviso. Lo sviluppo del Sudest europeo interessa a noi, all'Austria, alla Germania meridionale, ma non particolarmente all'Europa atlantica e baltica. Sin qui, dominata dagli interessi nord-europei, l'Ue fa nel Sudest europeo una politica assistenziale che non innesca alcun sviluppo, ma anzi provoca un continuo aumento della dipendenza. Lascia inoltre in sospeso tutti i problemi di fondo, salvo affrontarli in modo destabilizzante. È questo il caso della recente presa di posizione a favore dell'indipendenza del Kosovo recentemente espressa da Giuliano Amato nella sua veste di «saggio» europeo incaricato di dare un parere in materia.
La questione del Kosovo può venire ragionevolmente affrontata solo nel quadro dell'ingresso nell'Ue di tutti i Paesi che già fecero parte della Jugoslavia. Volerla definire adesso equivale in ogni caso a gettare il proverbiale fiammifero nella proverbiale polveriera. Mentre si procede verso l'ingresso della Serbia (in programma per il 2012), della Croazia e degli altri Paesi ex-jugoslavi balcanici nell'Unione Europea, occorre innanzitutto impegnarsi a creare le condizioni perché l'Europa balcanica e danubiana possano effettivamente connettere le loro economie con quelle dell'Italia e dell'Europa centrale.
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