Oltre 3.500 ortopedici si sono ritrovati a Milano al 94° Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot). Una straordinaria occasione scientifica internazionale di confronto sul tema della revisione delle protesi e mininvasività in ortopedia e traumatologia.
Levento è stato organizzato dal professor Marco DImporzano, vicepresidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) e capo dipartimento chirurgia di orto-traumatologia dellIstituto ortopedico Gaetano Pini di Milano. Più di un milione oggi gli Italiani con articolazione sostituita (il dato è in costante crescita) e ben 180mila i nuovi impianti protesici ogni anno. Oltre la metà eseguiti in Lombardia ed in Emilia Romagna. Nel 60 per cento dei casi si tratta di protesi danca, seguiti da ginocchio e spalla.E emerso dal congresso che per la revisione delle protesi vi sono ormai soluzioni definitive e soddisfacenti. I nuovi materiali (titanio, tantalio) oggi a disposizione sono caratterizzati da una usura inferiore rispetto al passato e con prestazioni ottimali a lungo nel tempo. «Le scienze dei materiali hanno fatto straordinari avanzamenti, tanto da produrre oggi protesi dal design estremamente sofisticato che vanno veramente bene», spiega Marco DImporzano. «Gli interventi di revisione protesica negli ultimi anni sono in aumento costante. Va sottolineato che le protesi del passato avevano una vita media di circa 15 anni per i pazienti anziani, 8 per i più giovani e attivi. I materiali a disposizione spostano i tempi di revisione a 20-30 anni o perfino oltre. Non esiste ancora la protesi eterna, ma con questi nuovi materiali e gli accoppiamenti più adatti, è possibile allungarne la vita».
La mininvasività delle protesi permette invece al paziente un decorso molto più breve in ospedale. «Oggi si opera con tagli molto piccoli e con pochissimo insulto dei tessuti muscolari, tendinei», sottolinea DImporzano. «In questo modo il paziente, con una deambulazione assistita per circa un mese, può muoversi subito e camminare. Senza ricorrere alla fisioterapia classica». Le protesi del futuro saranno più piccole, tali da consentire di ridurre al minimo lasportazione di materiale osseo e facilitare futuri reinterventi.
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