Le nuove sfide della Chiesa: Fede e Identità

Gianni Baget Bozzo

Cominciano a porsi i problemi della continuità e della differenza tra il pontificato di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI. La fine del principio della italianità del Papa e l’ingresso delle nazioni europee alla cattedra di Pietro, fa sì che, con Papi di differenti nazionalità, differenti tradizioni storiche compaiano all’orizzonte.
Chi ricorda le tensioni tra la Polonia e Roma nella lotta per l’indipendenza polacca nell’Ottocento, comprende quanto abbia significato per la nazione polacca l’avvento di Karol Wojtyla alla sede di Pietro. E vi ha giocato anche un altro fattore: due volte, nel secolo XVIII e nel secolo XX, alla Polonia era stato negato da russi e tedeschi il diritto di esistere come nazione. L’elezione di un Papa polacco esprimeva anche il pieno riconoscimento internazionale della dignità della Polonia come storia, cultura e nazione. Vi era anche un terzo elemento: la permanenza della fede cattolica in Polonia sotto le varie occupazioni e, nel momento in cui l’arcivescovo di Cracovia venne eletto, anche la persistenza dell’identità cattolica della nazione sotto regime comunista. Quanto questo sia stato importante, gli eventi successivi, dalla nascita di Solidarnosc al colpo di Stato militare sino alla fine del comunismo, l’hanno dimostrato. Ciò ha dato al Papa polacco un carisma mondiale che, unito al suo talento di grande comunicatore, ha reso unito il suo Pontificato. Hanno accentuato il carisma politico della sua figura, oltre le dimensioni del Papato e la stessa gestione nella vita ordinaria della Chiesa.
Anche l’elezione di Papa Ratzinger ha avuto eguale significato. La Germania era divenuta, dopo l’avvento del nazismo e la sua sconfitta, un Paese reprobo. Ciò ha dato ai tedeschi un complesso di colpa che ha pesato sulla loro storia e sulla storia d’Europa. Il Cardinale Ratzinger è anche un teologo tedesco, il cui dialogo era avvenuto con la teologia protestante luterana. E Lutero aveva voluto sostituire la figura del teologo e dell’esegeta a quella del monaco e del prete come conseguenze del suo principio che solo la Scrittura fosse la fonte della rivelazione. L’elezione di Ratzinger, formatasi nel contatto con la teologia luterana, era anche un rapporto con il mondo da cui era nata la Chiesa cattolica, dal luteranesimo alla critica biblica le maggiori difficoltà.
Un Papa tedesco e teologo può significare per la Chiesa un’impronta simile, anche se diversa e meno segnata dalla storia, di quella del Papa polacco. Ratzinger ha mostrato nei suoi scritti di comprendere quale è lo spirito pubblico europeo e occidentale nel 2000 che è molto diverso da quello degli anni ’70. Vi è un sottile anticristianesimo che si diffonde nel mondo culturale in cui l’incredibile successo del Codice Da Vinci è un qualche segno. Il problema fondamentale della Chiesa oggi non è quello di mostrare un’influenza sociale o politica, che fu utile a Giovanni Paolo II per riportare l’autorità della Chiesa nelle mani del Papa e sottrarla a quella dei teologi, dove era caduta dopo il Concilio Vaticano II. Il problema di Papa Ratzinger è quello di mantenere l’identità cristiana in un mondo globalizzato, in cui entrano come protagonisti il mondo islamico, il mondo cinese il mondo indiano e in cui sta alla Chiesa difendere a un tempo sia la fede cristiana che l’identità occidentale come civiltà. Da questo punto di vista, in condizioni molto diverse, può ricordare Pio XII che dovette far fronte a un tempo al nazismo e al comunismo. Forse proprio in questo ruolo potrà trovare un ecumenismo diverso, non legato alla teologia secolarizzata e all’impegno sociale, ma alla difesa della fede e della tradizione. Come si vede, una realtà molto diversa da quella in cui visse però il Papa polacco.


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