Nuovi codici segreti per mettere ko i truffatori

L’ispettore capo della polizia postale: «Aumentati i livelli di sicurezza. Per i pagamenti su internet, non basta più il solo numero della tessera»

Allarme truffe telematiche, virus sempre più subdoli e micidiali in arrivo, nuovi tipi di intrusioni, ma soprattutto carte di credito e bancomat clonati. Con incrementi medi, per ogni singola voce, superiori al 50 per cento rispetto all’anno precedente. Ecco alcuni dati che verranno diffusi nel corso dell’imminente apertura del nuovo anno giudiziario. Anche se la Polizia postale e delle telecomunicazione, a cui spetta la repressione di questi reati, getta acqua sul fuoco: l’analisi si ferma a luglio 2006, cioè a sei mesi fa: un periodo che, nell’epoca telematica, equivale a un’era geologica.
«Nel corso dell’anno appena concluso sono state introdotte molte novità che hanno radicalmente cambiato la situazione. Così, se all'inizio del 2006 avevamo ogni giorno una ventina di segnalazioni di carte clonate, a fine dicembre siamo scesi a 3/5 - spiega Luigi Longobardo, ispettore superiore della Polposta -. Certo i “clonatori” troveranno altri sistemi per impossessarsi dei codici e le denunce riprenderanno a salire. Noi allora adotteremo altre contromosse e così all’infinito. È l’eterna gara tra cacciatore e preda».
Ma come si clonano le tessere magnetiche?
«In molti modi. Il più classico e l’installazione sul bancomat di lettori per leggere la banca magnetica e microcamere per copiare il codice. Gli specialisti provengono soprattutto da Romania e Bulgaria, perché in quei Paesi c’erano le migliori scuole di informatica. Poi ci sono i dipendenti di ristoranti, negozi e supermercati che, con lettori portatile, copiano i dati. Quindi i furti dalla cassette della posta, o dai centri di smistamento, degli estratti inviati dalle banche ai propri correntisti, in cui sono riportati numero di tessera e scadenza. Oppure i malviventi seguono un cliente che abbia appena pagato con carta di credito, sperando butti lo scontrino. Dove sono riportati gli stessi dati».
E voi come avete reagito?
«Siamo riusciti a convincere le banche ad aumentare i livelli di sicurezza. Partendo prima di tutto dalle macchine erogatrici, ora sempre più difficili da “taroccare”. Poi creando un sistema condiviso da tutti gli istituti che consente di monitorare tutti i movimenti dei conti. Così appena si scopre il bancomat “aggiustato” la banca verifica se un proprio cliente abbia usato quell’apparecchio e mette sotto controllo, ed eventualmente blocca, la scheda. Mentre i registratori dei negozi non battono più sullo scontrino i dati essenziali».
E nel caso i dati siano stati copiati dal dipendente di un esercizio pubblico?
«Incrociando i movimenti delle carte clonate riusciamo a risalire al negozio dove i dati sono stati copiati. Noi giriamo l’informazione alle banche che, con lo stesso sistema usato per il bancomat, vanno a controllare le eventuali spese effettuate dai propri correntisti in quel punto vendita, mettendo tutti i successivi movimenti sotto stretta osservazione».
E nel caso il truffatore spenda i soldi in altro modo, per esempio effettuando acquisti in Internet?
«Fino a pochi mesi per fare acquisti in Internet era sufficiente il numero e la scadenza della carta. Ma recentemente è stata introdotta una nuova domanda all’acquirente: il codice di sicurezza riportato sul retro della tessera, ma non presente nella banda magnetica. In altri termini per usare la carta bisogna averla fisicamente in mano».
Ma che succede se un abile hacker riesce a entrare in un sito di vendita?
«Non è facile. I siti dove si possono effettuare spese, come quelli di alberghi, compagnie aere o aste on line, sono estremamente protetti. E come ulteriore misura di sicurezza, cancellano automaticamente i dati appena conclusa la transizione.

Del resto cosa succederebbe appena si spargesse la notizia che una di questi siti è stato violato? Il gestore può tranquillamente chiudere. La loro attività si basa infatti sulla fiducia del cliente nei sistemi di sicurezza. E, in linea di massima, è ben riposta».

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