Il nuovo che avanza è una bufala: la tv di Stato è occupata dai partiti

Verrebbe da dire, piantiamola con tutte queste cineserie e formalismi: la Rai è il bene italiano più prezioso perché è l’oggetto magico che dà il potere a chi non ce l’ha, lo nega a chi non la sa usare e chi la possiede fa saltare il banco, sicché sarebbe poi una pura formalità andare alle elezioni perché la Rai sposta i voti con i suoi cingolati.
Adesso ci risiamo e vedremo che succede, personalmente faccio il tifo per Lorenza Lei come direttore generale perché non si bittano i professionisti per far finta che arrivi il nuovo che avanza. E scopriamo ancora una volta che la questione è sempre la stessa, perché la Rai ha il potere della comunicazione. Attenzione alle parole: non il potere dell’informazione, che quello ce l’ha qualsiasi sito internet, ma della comunicazione che vuol dire il potere di produrre emozioni, di coinvolgere la gente e creare la memoria storica degli italiani, quella che li fa comportare, scegliere, rifiutare. Promuovere il gusto (buono, cattivo o pessimo che sia) e anche il disgusto della gente.
Se io guardo la Gabanelli, non soltanto provo ammirazione professionale, ma la sua trasmissione mi arriva come un giusto pugno nello stomaco. Quella è comunicazione. Santoro mi ha sempre mandato in bestia, perché ha sempre usato un comportamento asimmetrico molto astuto, che raggiunge il suo scopo. Quella è comunicazione. Comunicazione è il buono e il cattivo che ci prende alla gola, l’orrido dei reality, l’ottimo dei reportage giornalistici, del giovane Angela arrampicato sulla basilica di San Giovanni a Roma che spiega l’architettura. Quella è comunicazione.
Chi ha in mano il rubinetto della comunicazione lo apre e lo chiude lasciando che esca il flusso emotivo nel modo che vuole. Rai3 fu inventata negli anni Ottanta per riequilibrare l’handicap del partito comunista escluso dalle coalizioni di governo per motivi di politica estera. Ebbe anche la presidenza della Camera, di alcune Commissioni e altri privilegi compensatori. Poi venne giù il muro di Berlino, ma non venne giù il privilegio feudale dell’ex Pci su Rai3 che in origine fu genialmente diretta da Angelo Guglielmi, con Sandro Curzi che faceva Tele-Kabul.
Quella era ed è comunicazione, tutta asimmetrica, di parte, fuori squadra, ma di ottima fattura, spesso l’unica rete guardabile. La destra ha fatto cilecca perché non sa fare televisione con cui comunicare e creare pathos e consenso. Non lo sa fare. Sa fare tivvù commerciale, ballerine di coscia e ballerine di tetta, strass, strazi, lustrini e robetta incipriata, ma non ce l’ha mai fatta a creare un suo popolo legato ai suoi media. Complesso d’inferiorità? No, inferiorità, salvo poche eccezioni.
Adesso Monti dice: basta, la questione va risolta e ci metto io un direttore generale come Luigi Gubitosi che è uno della mia pasta e la smettiamo con la Rai vecchio stile. Davvero? E quale sarebbe il nuovo? In Italia la Rai l’hanno sempre governata i partiti. Tutti. Oggi il presidente Monti, al quale va la mia personale ammirazione, la fa un po’ troppo facile. Anche il mantra secondo cui si dovrebbe togliere la Rai dall’influenza dei partiti è una sciocchezza. Va bene, togliamola. E a chi la diamo? Eh, dice, a un gruppo di saggi e intellettuali di chiara fama. Davvero? E questi intellettuali di chiara fama non hanno le loro ben espresse idee politiche? Allora non prendiamoci in giro. Possiamo tagliare alle radici il problema soltanto privatizzando la Rai, ma molti italiani come me andrebbero a strappare lo schioppo (che non hanno) dal muro e a fare tumulti per strada. Privatizzare la Rai significa farne un pacchetto di reti anonime ognuna per conto suo, ma perdendo quelle caratteristiche di servizio pubblico che sono ancora oggi la forza e la debolezza della Rai.
Dunque, per ora lasciamo perdere e pensiamo in termini pratici, attuali, lavorando con quel che c’è e non con le false utopie che in genere nascondono giù un organigramma. La Rai deve in qualche modo rispecchiare il Paese reale così come è uscito dalle elezioni. Anche i governi dovrebbero, ma quello in carica non ha alcuna relazione di legittimità con il Paese, non per sua colpa. E Monti ne è consapevole e lo ripete spesso. Ma mi sembra che questo governo, non unto dalle urne, dovrebbe aspettare prima di recidere ogni legame fra Rai e geografia elettorale: bisogna comunque fare una Rai che porti l’impronta del popolo cui è destinata e che abbia una testa pensante in grado di progettare la comunicazione che intende mettere in onda. Dove trovarlo, come crearlo, come decidere? Questo è il nodo del problema.
Ma per favore non giochiamo al nuovismo che porta l’alito fresco e che decide al di là e contro i partiti, perché significherebbe barare. Bisognerebbe abrogare tutti i pedaggi che si pagano alle chiacchiere e alla burocrazia, rifare bene i conti, assumere gli intelligenti, cacciare i cretini e bonificare tutte le servitù e le magnerie d’appalto. Fatto questo lavoretto immane, allora si potrà cominciare a lavorare smettendola con i bizantinismi e le alchimie.

E per raggiungere questo obiettivo Monti, e anche Bondi il tagliatore di sprechi, potrebbero fare molto, bene e subito. Lascino alla gente fare il suo mestiere senza gridare al nuovo, al nuovo, come il pastorello gridava al lupo.

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