Franco Fayenz
In questi giorni è in giro nei jazz club italiani un duo eccellente formato da musicisti veneti: la cantante Enrica Bacchia (da non confondere con la sorella Anna, anch'essa cantante) e il pianista Marco Ponchiroli. È stato un incontro fortunato, il loro, che dopo un ovvio periodo di rodaggio ha dato vita a un sodalizio colmo di stima, di affinità elettive e di reciproca comprensione artistica. La logica conseguenza è ora un'intesa perfetta, per cui i due si capiscono con un gesto o uno sguardo che a volte non è nemmeno necessario. Nel loro repertorio ci sono temi standard - citiamo a memoria una splendida interpretazione creativa di Autumn Leaves - ma quasi sempre i brani sono opera loro con una precisa distinzione dei ruoli: Ponchiroli compone le musiche, Enrica i testi. Il risultato non è un canto con accompagnamento di pianoforte, bensì un autentico dialogo. Nessuno dei due prevale: le fonti sonore si intrecciano in modo equivalente e hanno sempre, l'una verso l'altra, il tono giusto. Ed è singolare che Enrica, che canta in inglese, italiano e portoghese, attribuisca alle parole e al loro significato un'importanza relativa. Le propone anzi come fonemi, cioè come suoni puri simili a quelli, bellissimi e pronunciati mirabilmente con tecnica ed espressione adeguate, del pianoforte.
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