Silvia Kramar
da New York
Ormai il disastro naturale di Katrina, linferno che luragano ha lasciato dietro di sé negli stati del Golfo del Messico è diventato anche, secondo lopinione pubblica americana, un altro, immenso fallimento: quello del governo americano.
A puntare lindice accusatore contro la Casa Bianca e contro la Homeland Security, che fin dallundici settembre di quattro anni fa, grazie a cospicui aiuti finanziati, aveva promesso di proteggere gli americani da qualsiasi scenario catastrofico, adesso si uniscono, in un triste coro allunisono, democratici e repubblicani. Il peso di questa catastrofe pesa immensamente sulle spalle di un presidente che cerca di correre ai ripari. Ieri mattina, durante il suo solito discorso settimanale alla radio, George Bush ha promesso che altri 17.000 militari in Louisiana, portando a oltre 50.000 il numero di soldati presenti nelle zone colpite dalluragano Katrina per collaborare ai soccorsi. «Noi americani non abbandoniamo i nostri concittadini nellora del bisogno», ha tuonato il presidente. Mentre la governatrice della Louisiana Kathleen Blanco ammetteva di aver appreso che la gente di New Orleans «finalmente avverte la presenza militare ma cè ancora un certo pericolo perché lelettricità non è stata ripristinata e le notti sono buie».
Se il suo discorso pieno di promesse e ottimismo Bush lo avesse pronunciato lunedì sera, quando luragano si era finalmente allontanato da una New Orleans trasformata in un inferno di proporzioni bibliche, il numero uno della Casa Bianca probabilmente non si sarebbe tirato addosso lenorme ondata di proteste che adesso, invece, fanno di lui un presidente dimezzato. Ieri mattina Bush ha comunque ribadito che i ritardi nei soccorsi sono stati inaccettabili: «Molti cittadini non stanno ricevendo laiuto di cui hanno disperatamente bisogno e questo è inaccettabile.» I nuovi arrivi militari, ha aggiunto, «completeranno levacuazione in brevissimo tempo; non permetteremo a dei criminali di colpire gli innocenti».
Poi Bush ha fatto unaltra promessa: «Dove i nostri aiuti sono falliti torneremo a riparare i danni, dove invece hanno funzionato li raddoppieremo, non ci riposeremo finché non avremo finito il nostro compito».
Un compito, a detta di Bush, enorme, «ma il cuore dellAmerica è anchesso enorme».
E anche il sistema legale: due senatori hanno promesso venerdì sera di voler istituire, già a partire da domani, una commissione dinchiesta del Senato sui ritardi degli aiuti. Alcuni Stati americani che già lunedì scorso erano pronti a inviare la propria Guardia nazionale sui luoghi colpiti dalluragano, hanno ammesso di aver dovuto aspettare giorni interi prima di ricevere accurate istruzioni.
«Una cosa assolutamente inaccettabile», ha dichiarato la senatrice repubblicana del Maine Susan Collins, alla quale si è unito il senatore democratico del Connecticut, Joseph Biden, che cinque anni fa si era presentato come candidato alla vicepresidenza insieme ad Al Gore nel presentare la richiesta di una indagine approfondita al leader della maggioranza repubblicana del Senato, Bill Frist.
Così, mentre Bush ha chiesto (ottenendo il sì) alle Camere di votare affinché dieci miliardi e mezzo di dollari vengano immediatamente devoluti allopera di ricostruzione della zona colpita e alla sopravvivenza quotidiana dei rifugiati, si riapre, profonda, la ferita del razzismo. I leader delle minoranze nere si uniscono ai deputati afroamericani per sottolineare il fatto che la stragrande maggioranza dei rifugiati rimasti a New Orleans sono neri.
«Se fossero stati bianchi e benestanti avrebbero mandato in poche ore unintera flotta di navi da crociera a salvarli», ha accusato Elijah Cunnings, deputato del Maryland. «Invece stanno ancora facendo morire di fame la gente».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.