Il «nuovo mostro» che sdoganò la nobiltà nel cinema del ’77

Trent’anni dopo la contestazione, Monicelli e il principe Giovannelli rievocano l’episodio di vita vissuta interpretato da Alberto Sordi

da Bologna

L’origine dei soggetti e dei personaggi di un film raramente è nota. La conoscono i testimoni, e non sempre si trovano ancora dopo trent’anni, o per età o perché l’ispiratore talora non è stato contento per come è stato raffigurato. Si ricordi che, nel 1900, pubblicati I Buddenbrook, Thomas Mann dovette lasciare la baltica Lubecca, risentita di certi ritratti al vetriolo, e rifugiarsi nella subalpina Monaco...
Principe romano e cattolico, Carlo Giovannelli è però l’opposto di un serioso borghese anseatico e protestante: ha senso dell’umorismo, cioè sa ridere di sé con chi l’ha preso di mira. Perciò ha fatto bene Tatti Sanguineti ad affiancare non solo per la rima Carlo Giovannelli a Mario Monicelli sul palco della Cineteca comunale Lumière di Bologna, diretta da Gianluca Farinelli, per parlare - alla rassegna «Route 77» - dei Nuovi mostri dello stesso Monicelli, Dino Risi ed Ettore Scola.
Titolo dell’episodio era First Aid (Pronto soccorso): Alberto Sordi vi interpretava un nobile romano, Giovan Maria Catalani Belmonte, ispirato da Giovannelli: recandosi al convegno di blasonati seguaci del vescovo Lefebvre, soccorreva distrattamente un ferito, lo portava con la sua Rolls-Royce bianca - quasi un’ambulanza - in tre ospedali; sempre respinto, leggermente infastidito, lo lasciava dove l’aveva trovato.
«Un episodio di soccorso m’era realmente accaduto - ha detto Giovannelli a Bologna -: tornando da Porto Santo Stefano, avevo in auto un giovane, non grave, ma che sanguinava sulla camicia bianca, rischiando di farmi svenire, perché io non reggo a quella vista. Neanche alla vista del mio sangue. A scuola i compagni mi pungevano per vedere se era blu!».
Come aveva saputo della disavventura Sordi? «Gliene avevo parlato - ha continuato Giovannelli - a una festa, dove lui corteggiava la signora che accompagnavo. Sordi ne aveva poi parlato a Monicelli e da lì erano venuta l’idea e la caratterizzazione del personaggio, con la erre moscia, che però io non ho». Giovan Maria Catalani Belmonte evocava anche un altro aristocratico di finzione: Sordi l’aveva interpretato nel Disco volante di Tinto Brass (1963). Di Giovannelli e del reale accaduto non era dunque restato molto. Ma senza di lui e senza il suo contrattempo un film importante sarebbe stato un po’ meno importante... E il vescovo Lefebvre non sarebbe entrato nella storia del cinema, oltre che della Chiesa.
L’idea di Tatti Sanguineti è stata utile anche perché ha portato un elemento di contrasto nella rassegna bolognese, che evoca il 1977 essenzialmente per la rivolta dell’Autonomia contro il compromesso storico. Qui gli «indiani metropolitani», là i lefevriani samaritani (a metà).
Un altro elemento di contrasto l’ha aggiunto Monicelli, ricordando l’altro suo film incluso in «Route 77», Un borghese piccolo piccolo, scritto da Vincenzo Cerami (poi collaboratore del Giornale) e interpretato sempre da Sordi, un impiegato statale che si faceva massone per trovare un impiego al figlio (Vincenzo Crocitti), se lo vedeva uccidere durante una rapina e lo vendicava atrocemente. «Volevo fare un film contro Il giustiziere della notte, che allora andava per la maggiore. Ed ero riuscito a convincere Sordi, che non aveva voluto mai ruoli di assassino, tanto da aver rifiutato la parte nel Sorpasso che poi sarebbe andata a Gassman. In effetti Un borghese piccolo piccolo andò bene, ma risultò ambiguo: c’era chi applaudiva la vendetta e il suo sopravvento sulla civiltà».
1977: il cinema italiano produceva circa duecento film. 2007: la scorsa settimana, cinque dei maggiori incassi in Italia sono stati italiani. Non succedeva quasi da allora! Mi dice Monicelli: «Sono contento, perché senza industria non c’è arte cinematografica. Stroncati dalla critica, i film con Totò finanziavano quelli più ambiziosi. E oggi le varie Notti prima degli esami, eccetera potranno originare indirettamente la ripresa qualitativa».
Il pubblico in sala però ora è essenzialmente giovanile; gli adulti guardano i film in tv.

«Ma una volta - coglie giustamente Monicelli - il cinema agiva quasi in regime di monopolio degli svaghi: non tutti avevano la tv, non tutti avevano l’auto, non tutti facevano i fine settimana. Ora invece il pubblico può scegliere e se sceglie di nuovo il nostro cinema è un fenomeno più importante di quello di allora».

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