Un nuovo piano per modificare la prescrizione

RomaLo chiamano «il tempo dell’oblio». Quello che fa decadere l’azione penale, immerge nel silenzio il ricordo di un reato e porta alla morte del processo.
Sulla prescrizione Silvio Berlusconi, alle prese con i suoi processi e convinto di essere perseguitato dalla giustizia, conta per mettersi al riparo da una magistratura politicizzata. Che preparerebbe a Milano una condanna per il processo Mills, capace di condizionare il suo destino di premier. Perché stavolta Berlusconi non ha più schermi e coimputati: c’è solo lui davanti ai giudici.
Ma su quale prescrizione intervenire? Quella «sostanziale», accorciando i tempi già ridotti dall’ex-legge Cirielli, perché fa scomparire il reato per effetto del tempo? O quella «processuale», stabilendo un tetto massimo per ogni fase del procedimento? C’è poi la questione del momento da cui decorre la prescrizione: nel processo Mills sarebbe quello dell’accordo per un reato o del momento in cui viene commesso? Ecco perché si attende di leggere la motivazione della sentenza che ha condannato l’avvocato inglese. E la Cassazione potrebbe pronunciarsi proprio su quest’aspetto, annullando il verdetto con un’interpretazione che peserebbe anche sul processo del Cavaliere.
La Consulta ha frantumato lo scudo del Lodo Alfano e un minuto dopo gli esperti del Pdl, Niccolò Ghedini in testa, si sono messi al lavoro per trovare altre soluzioni. Per la prossima settimana è atteso in Parlamento un disegno di legge che porterebbe la firma di Lucio Malan, ma Berlusconi stavolta vuole che tutto il centrodestra lo sottoscriva idealmente e che né Gianfranco Fini né Umberto Bossi possano tirarsi indietro. Vuole evitare i sotterfugi e fare tutto «alla luce del sole», come ha promesso a Pier Ferdinando Casini per ottenere l’appoggio dell’Udc.
Le ipotesi d’intervento sono diverse, tutte con dei pro e dei contro. Si è pensato a ridurre i tempi di prescrizione, non calcolando gli atti che interrompono il procedimento, per i reati non gravissimi con pene fino a 10 anni. Ma si influirebbe pesantemente su tutti i processi e sarebbero forti le resistenze degli ex di An e le perplessità del Quirinale di fronte a quello che potrebbe sembrare un indulto mascherato. Per non parlare dei problemi di costituzionalità. Più accettabile sembra l’intervento per i tempi processuali contingentati (due anni), per le varie fasi: indagini preliminari, primo grado, appello, Cassazione. Risponderebbe all’esigenza di intervenire sull’eccessiva durata dei processi, riconosciuta da tutti e per la quale l’Europa spesso sanziona l’Italia, che paga una miriade di risarcimenti per la legge Pinto. L’idea, poi, verrebbe da una proposta riveduta e corretta di Elvio Fassone, già senatore Pds ed ex magistrato. Ma così non tutti i problemi del premier potrebbero risolversi: ci vorrebbe un «pacchetto». Magari eliminare l’articolo 238 bis di procedura penale che rende utilizzabili in un processo i fatti di un altro e cambiare il 190 che concede al giudice di selezionare le prove richieste dalla difesa.


Quanto all’idea di spostare il processo del premier a Roma (sede dove risiede la carica istituzionale e non dove sarebbe stato commesso il fatto), per molti sarebbe incostituzionale perché la Costituzione impone il «giudice naturale». Ma in fondo, anche un ricorso alla Consulta farebbe guadagnare tempo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica