Struttura.
Cinque livelli di cemento contro la notte. Filari su filari di finestre tutte identiche. Nessuna luce dietro nessuna finestra. Solamente grate di ferro ancestrale dilatato dal calore, deformato dal gelo, vaiolato dalla corrosione.
Si ostinava a torreggiare, quella struttura. Durante i giorni e sotto gli UV duri, nelle notti e contro le piogge acide.
Cinque angoli perimetrali giganteschi. Fiumane verticali gorgogliavano da gronde corrose. Pioggia satura di chimica tossica andava a nutrire affreschi di lichene livido. Stillicidii gorgogliano su altre finestre nere, lungo altre grate corrose.
Tutto questo solcato da crepe, aggredito da erbacce, lordato dagli elementi. Tutto questo assediato dalla tenebra. Che fluiva dentro altra tenebra. Dilatata fino alla terra di nessuno.
In un tempo cancellato, cerano vaste distese d'erba nella terra di nessuno. Erba geometricamente livellata, rigorosamente curata. In questo tempo, restano niente altro che grovigli di rovi simili a scheletri contorti, battuti da vento nero, in eruzione da melma che sa di putredine.
Cavalletti di Frisia a delimitare il margine esterno della terra di nessuno. Tra essi, spire su spire di filo spinato. Una barriera di rostri rugginosi abbandonata nel vuoto, a difesa di altro vuoto. Ci sono carogne impigliate tra i rostri. Ratti da cloaca, cani di strada, roditori deformi. Qualche gabbiano fluviale calato a smembrare. A sua volta smembrato dall'abbraccio delle spire.
Vento nero continuava a soffiare. Trascinava il tanfo della necrosi verso la struttura, nel ventre dei rovi, attraverso il filo spinato. Lo trascinava ad ammorbare il monumento.
Guerrieri.
Questo è il monumento.
Gli uomini della prima linea alti cinque metri. Quelli dopo di loro di statura via via decrescente. L'effetto ottico è di prospettiva tridimensionale dinamica: ultima falange lanciata nell'attacco senza ritorno.
Guerrieri in morte.
Epoche remote, milizie coloniali e commandos out-world. Uniformi contraddittorie, giubbe gallonate e mimetiche anti-rad. Armi incongrue, moschetti ad avancarica e fucili d'assalto bull-pup.
Folgori ramificate dilatarono ombre sulle loro fattezze.
Hanno volti indefinibili, stature ineguali, posture guardinghe. Avanzata cieca attraverso i campi della strage.
Vento nero sibilò negli spazi vuoti tra i corpi.
Portano copricapi ed elmetti con emblemi perduti. Una Marcia ineluttabile al mattatoio conclusivo.
Pioggia acida si avventò a flagellarli.
Indossano giberne e pastrani da equipaggiamenti scomparsi. Assalto senza fine all'estrema trincea del limbo.
Simulacri perduti nel buio, i guerrieri in morte, incrostati di caligine, chiazzati di guano. Rivoli putridi colavano dalle armi, incuneandosi nelle pieghe delle uniformi di metallo, a perdersi tra le eruzioni di rovi ed erbacce che assediavano la base del monumento. Rigurgito velenoso dal più alto dei cieli. Dal più profondo degli abissi?
Cera una placca di bronzo alla base del monumento.
E cerano lettere, nel bronzo. Scavate da una lancia termica al plasma di neutroni. Lettere slabbrate, premeditatamente slabbrate. Come deformate dal furore di troppi combattimenti, distorte dalla sofferenza di troppi massacri.
THE PENTAGON
MAUSOLEO PLANETARIO
PATRIMONIO DELLUMANITÀ
SIMBOLO ETERNO DELLA DEFINITIVA
MESSA AL BANDO DELLA GUERRA
MEMENTO PERENNE A TUTTI I CADUTI
DI TUTTI CONFLITTI DELL'UOMO
POSSANO QUESTI EROI SENZA NOME
RIPOSARE IN PACE
FINO ALLA FINE DEI TEMPI
Sotto tutto questo, al centro della lastra, una data.
Unennesima folgore si aprì la strada nel cielo violaceo. Altri tuoni ringhiarono. Nuove fiammate livide pulsarono sulla terra di nessuno. Si allargarono sul monumento e si torsero sul memento.
Illeggibile, la data sulla placca di bronzo. Numeri romani distorti dal gelo, dilatati dal calore, devastati dalla corrosione. Per troppo, troppo tempo.
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