«Il nuovo sistema farà risparmiare Il Pd protegge i privilegi di casta»

RomaOnorevole Michele Scandroglio perché la riforma dell’Università non può più attendere?
«Lascio che a parlare siano le cifre. Nelle classifiche internazionali per trovare un Ateneo italiano nel migliore dei casi dobbiamo scendere al 175° posto dove si trova Bologna, nel peggiore scendiamo addirittura al 250°. Sulla carta abbiamo un docente universitario ogni 29,7 iscritti ma sappiamo che gli studenti che realmente frequentano sono la metà degli iscritti. Ci sono 5.000 corsi di laurea e 62.000 professori. Quindi abbiamo migliaia di motivi per cambiare subito le cose».
Perché è così arduo riformare il nostro sistema di istruzione? Ogni volta che il governo in carica ci prova subito si alzano le barricate.
«Per mantenere i privilegi di pochi si compromette il diritto di tanti, di tutti i giovani, ad avere un futuro. L’opposizione, il Pd, ha grosse responsabilità in questo senso. È evidente che è una forza conservatrice, contraria ai cambiamenti e che vuole soltanto mantenere lo status quo».
Il ddl del governo è stato molto criticato, studenti e ricercatori sono sul piede di guerra. Lei perché lo difende?
«Finalmente si danno alle università gli strumenti per poter competere. Ogni ateneo avrà l’opportunità di crescere e di migliorare».
La riforma però slitta perché manca la copertura finanziaria per l’emendamento sui ricercatori.
«La soluzione si troverà in un’altra sede. Questa riforma non è insensibile alla esigenze di chi lavora ma è realista. Non è proprio all’università che si insegnano i criteri di economia, efficacia ed efficienza? Bene, ora questi criteri devono valere anche per chi nell’università lavora. Ci sono corsi con due o tre alunni, non è più possibile tenerli in piedi.

Le risorse sono poche ma non insufficienti se verranno usate meglio».
In Italia è più difficile trovare lavoro per un laureato.
«Troppo spesso purtroppo la frequenza all’università è soltanto un’illusione e le facoltà si trasformano in parcheggi in attesa di un lavoro impossibile».

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