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Nuovo venerdì di sangue in Siria. Giornata di dura repressione: venti i morti.

Gli oppositori sono scesi in piazza anche per mettere alla prova la reale volontà del regime di aderire al piano di pace della Lega Araba, che prevede la fine della repressione e il varo delle riforme

Nuovo venerdì di sangue in Siria. L'impegno di Bashar el-Assad con la Lega Araba di mettere fine alla violenza nel Paese è naufragato nell'ennesima giornata di dura repressione: nel 34mo venerdì di proteste, è stato di una ventina almeno il numero dei morti. Gli oppositori sono scesi in piazza anche per mettere alla prova la reale volontà del regime di aderire al piano di pace della Lega Araba, che prevede la fine della repressione e il varo delle promesse riforme. Mercoledì Damasco ha accettato «senza riserve» l'iniziativa della Lega Araba, ma già giovedì sulle strade sono rimasti i corpi senza vita di una ventina di oppositori. Damasco dunque non ferma i blindati e invece tenta la carta dell'amnistia: per riportare ordine nel Paese, il governo ha offerto un'amnistia a chiunque consegni le armi entro il 12 novembre e ha dato una settimana di tempo, a partire da domani, per farlo. Il governo ha detto di voler ristabilire la sicurezza prima della festa del Sacrificio, Aid al-Adha, una delle più importanti del calendario musulmano. Ma le proteste proseguono, così come la repressione, come continua a denunciare, da Londra, l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani: ad Homs, i tank hanno bombardato alcuni quartieri residenziali; nella città costiera di Banias, le truppe hanno assediato la moschea, Abu Bakr Siddiq, e picchiato i fedeli, che volevano dimostrare dopo le preghiere; hanno anche arrestato decine di persone, prelevandole dalle loro case, tra i quali 4 bambini, con rapporti di parentela con il direttore dell'Osservatorio, Rami Abdel Rahman. Un video postato su Youtube ha mostrato decine di manifestanti, alcuni con il volto coperto, che marciavano nello storico quartiere Midan a Damasco, scandendo slogan anti-Assad. Ormai c'è un diffuso scetticismo tra gli oppositori sulla disponibilità effettiva del regime a ritirare le truppe e avviare negoziati, dubbi che riecheggiano anche a Parigi e Washington. «La continua repressione può solo rafforzare i dubbi della comunità internazionale sulla sincerità del regime di Damasco ad applicare il piano di pace della Lega Araba», ha detto il portavoce di Quai d'Orsay, Romain Nadal. Mentre gli Usa gettano addirittura benzina sul fuoco della rivolta in Siria: Washington ha chiesto agli insorti di non arrendersi nè di accettare l'amnistia offerta da Damasco perchè questa -come ha osservato la portavoce del dipartimento di Stato, Victoria Nuland- «è almeno la quarta amnistia che hanno offerto negli ultimi cinque mesi».

E intanto, in Libano, il premier libanese, Najib Mikati, il cui governo è dominato da Hezbollah, alleato di Damasco, ha confermato il sequestro nel suo Paese di diversi esponenti dell'opposizione siriana, anche se li ha definiti «casi individuali» risalenti a «parecchi mesi fa, prima che si formasse» il suo esecutivo.

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