Da Reggio Calabria a Milano, su auto prese a nolo in cui la sorte aveva mescolato musicisti ebrei russi (ecco, per esempio, il professor Iakov Leonidovic Zats), giornalisti di qualche nome e insigni serramentisti brianzoli in trasferta come Antonio Locatelli. E se non erano auto son stati treni che sembravano tradotte; vai e vai dal cuore del Mediterraneo su fino a Berlino e oltre, a naso per aria, le facce scrutando cirri e cumulo-nembi domandandosi ogni poco se erano lucciole o avvisaglie di autentiche lanterne, quelle che si vedevano all'orizzonte.
Finché a qualcuno - e poi ad altri, e ad altri ancora, mentre il numero cresce tumultuosamente guadagnandosi il titolo di folla e poi quello di moltitudine - non è venuto il sospetto che la Nube (fate ancora il gioco di riconoscere le fattezze di animali in certe nuvole stravaganti?) somigliava a una grande, gigantesca bufala. Col che, naturalmente, nessuno (ma qualcuno invece lo fa, come vedremo) vuole sminuire il potenziale pericolo rappresentato da ceneri e lapilli che viaggiano nei cieli d'Europa, come insegna il caso del Boeing 747 della British Airways con i quattro motori intasati che rischiò di cadere a palla dalla parti di Giakarta nel giugno del 1982. Insomma, la prudenza va bene. Ma il sospetto che l'ansia da sicurezza si sia rivelata eccessiva, producendo l'infernale paralisi di cui siamo spettatori, arruffando la vita di migliaia di persone e producendo danni per miliardi di euro si va propagando in giro per l'Europa come un incendio nella savana.
Il primo tra gli addetti ai lavori a domandarsi a voce alta se per caso non si stava esagerando è stato ieri l'altro Niki Lauda, proprietario dell'omonima compagnia aerea austriaca, impiombata dal divieto di prendere il largo. E ieri, per dare corpo ai suoi sospetti se ne è andato a spasso con uno dei suoi A320, da Vienna a Salisburgo, «per dimostrare ai passeggeri e a tutto il mondo che in queste condizioni volare è possibile». Risultato: zero problemi.
Ieri sono venuti i nervi anche a Joachim Hunold, presidente di Air Berlin, la seconda compagnia aerea tedesca, secondo il quale «la chiusura dello spazio aereo è avvenuta unicamente sulla base di una simulazione al computer fatta dal «Vulcanic Ash Advisory Centre» di Londra. Sfogandosi con il domenicale Bild am Sonntag, herr Hunold è andato giù pari, spiegando che in Germania «non è stato fatto salire nemmeno un pallone aerostatico per misurare la quantità di cenere vulcanica che si trova nell'atmosfera».
La conferma che i cieli tedeschi sono puliti arriva dal portavoce della Lufthansa, Klaus Walther, il quale ha spiegato che nei voli di test compiuti con un Boeing 747 ed un Airbus 340 da Monaco di Baviera a Francoforte non si è riscontrata la minima traccia di cenere vulcanica. «A Francoforte gli aerei sono stati esaminati dai nostri tecnici - precisa Walther - che non hanno trovato il benché minimo graffio sugli oblò del cockpit, né sulla superficie della carlinga, né tantomeno all'interno dei reattori». Il portavoce della Lufthansa sottolinea che «il divieto di volare, deciso in base a calcoli al computer, ha prodotto un danno economico di miliardi di euro. Per questo chiediamo che in futuro, prima di ogni divieto di volo vengano effettuate misurazioni affidabili». Difficile dargli torto, no? Anche la compagnia olandese Klm ha effettuato un volo test fino ad un'altezza di 13mila metri senza trovare nulla di anormale. Sicché, hanno deciso a Stoccolma, se altri voli confermeranno questo dato, oggi verranno ripresi sette collegamenti tra Duesseldorf e Amsterdam.
Un «immediato riesame» delle misure precauzionali finora adottate in Europa in materia di traffico aereo chiedono a voce alta anche dalla Aea (Associazione delle compagnie aeree europee) e dall'Aci Europe,l'organizzazione che raggruppa gli aeroporti. A mordere il freno ci si sono messi anche i francesi, i quali comunicano a sopracciglio alzato che il primo test di volo effettuato dall'Air France tra Parigi e Tolosa non ha rivelato «alcuna anomalia» per l'apparecchio, nonostante le nuvole di cenere provocate dal vulcano islandese Eyafjallajokull: il vettore francese sta ora procedendo a delle verifiche più approfondite sull'aeromobile.
«Il principio di precauzione va benissimo, ma poi occorrono degli elementi tangibili e concreti che lo confermino o smentiscano, e oggi non ce ne sono», ha spiegato Erick Derivry, portavoce del principale sindacato dei piloti dell'Air France.
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