Roma - Ministro Paolo Ferrero, è già
pronto alla lotta nel governo?
«La partita è aperta, e non mi fido dei
segnali che arrivano. Possono essere
contraddittori. Si sa se il budino è buono
solo dopo averlo mangiato».
Il budino di Prodi arriva un po’ sfatto.
«Non so, mi auguro che ci sia la volontà
di aprire un dialogo. Il mio atteggiamento
sarà graduato in base
a questo. Per un sì occorrerebbe
che la traduzione in
norme dell’accordo contenga
già alcune modifiche.
L’invito al Parlamento a fare
le modifiche sarebbe un
fatto positivo: in quel caso
mi asterrei».
Nonesclude di lasciare il tavolo
di Palazzo Chigi?
«Deciderò in base a quanto
dirà Prodi. Un atteggiamento
di chiusura totale apre un
problema politico. Non chiediamo
nulla di più di quanto
c’è nel programma ed è condiviso da
altri. Se ci si tira indietro, viene meno
la solidarietà di coalizione e si fa un
favore all’antipolitica... Poi non veniamoci
a lamentare di Grillo. Non è di
buonsenso non rispettare i patti».
Il problema è che nelle 281 pagine c’è
scritto tutto e il contrario di tutto.
«Alcune cose sono chiare. Era chiara
la riduzione del cuneo fiscale per le
aziende, ed è stato fatto. Ora si faccia il
santo favore di ridurre la precarietà
nel lavoro».
La battaglia sul welfare è
diretta conseguenza della
nascita del Pd?
«Indubbiamente c’è questo
sospetto. Un atteggiamento
di chiusura totale può significare
che esiste un’operazione
politica del genere».
Le diranno che il 75 per cento
dei lavoratori ha già detto
di «sì» all’accordo.
«Se fanno un ragionamento
del tipo “il grosso dei lavoratori
è con noi”, sbagliano
completamente. Significherebbe
voler usare in modo incredibilmente
politicista il voto, come rafforzamento
dell’ala moderata. Ma così vanno
a sbattere il naso. Se la maggioranza
ha approvato l’accordo non significa
che non ci sia un disagio fortissimo.
Non credo che se riusciremo a migliorare
l’accordo, chi ha votato “sì” a quello
firmato si mangerebbe il fegato».
Qual è la linea del Piave?
«Punto primo, la precarietà. Abolizione
dello staff leasing e determinazione
della causale oggettiva nei contratti a
tempo determinato. Cioè occorre dire
chiaramente che sono possibili soltanto
quando c’è bisogno, oppure stabilire
un tetto temporale congruo».
Il parere del sindacalista sulle deroghe
per i contratti a tempo determinato
pare una norma ambigua.
«Qualsiasi sindacalista, di fronte al ricatto
dell’azienda: accetta la deroga o
licenzio, firmerebbe la deroga. Lo farei
anch’io. Il problema quindi è che
non ci sia la deroga».
Il secondo punto da migliorare?
«Il tetto per i lavori usuranti non si può
stabilire
Terzo punto?
«Un provvedimento a costo zero: la
possibilità di aumenti contrattuali detassati
».
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