Obama: «Baratro evitato, ora si riparte»

Un rapido sguardo all’indietro, giusto per sottolineare ancora una volta quanto fosse «vicino il baratro», quel punto di non ritorno sfiorato da un’America schiacciata da una recessione «più profonda di quanto nessuno pensasse». Ora che il Paese ha compiuto qualche passettino per prendere le distanze dal precipizio, Barack Obama ne rivendica parte del merito, attribuendo al suo piano di stimolo economico da 787 miliardi di dollari varato lo scorso febbraio la capacità di «aver messo un freno» alla caduta. Per uscire dalla crisi occorreranno comunque ancora mesi di cure mentre, in prospettiva, gli Usa dovranno recuperare quella capacità di innovare che ne ha fatto la prima potenza economica mondiale del XX secolo.
Seppur alle prese per il secondo giorno consecutivo con l’intero staff di governo in un ritiro di lavoro alla Blair House, la residenza di fronte alla Casa Bianca in cui vengono normalmente ospitate le autorità straniere, il presidente non ha voluto mancare ieri l’appuntamento con il rituale discorso settimanale alla radio. Il forte calo di consensi, con l’indice di popolarità sceso al punto più basso dal suo insediamento (54% contro il 66% di maggio), non consente d’altra parte una rarefazione degli impegni mediatici. Peraltro, la contrazione di appena l’1% nel secondo trimestre del Pil (rispetto al terrificante -6,5% accusato tra gennaio e marzo) ha offerto a Obama un vero e proprio assist per esaltare i risultati ottenuti grazie alle azioni di contrasto alla recessione. «Negli ultimi mesi - ha spiegato - , l'economia è andata meglio del previsto. E molti economisti hanno suggerito che una parte di questo progresso è attribuibile direttamente al pacchetto di stimolo economico. Questo e altri difficili, ma importanti passi che abbiamo adottato nel corso degli ultimi sei mesi hanno contribuito a mettere i freni alla recessione». Non solo gli aiuti miliardari concessi a un sistema bancario traballante, ma anche le misure destinate a dar sollievo alle famiglie: dalle leggi per soccorrere i proprietari di case non più in grado di far fronte alle rate dei mutui, alle mosse per scongelare il credito; dalle estensioni delle prestazioni di disoccupazione, agli investimenti per riportare le persone a lavorare ricostruendo e ristrutturando strade, ponti, scuole e ospedali.
Finora, si è provveduto a tamponare le falle. Ma l’America di domani, così come la immagina Obama, è una nazione che ha riagguantato «lo spirito di innovazione», con «nuove fondamenta forti abbastanza da superare future tempeste e sostenere una prosperità durevole»; un Paese basato «su lavoratori istruiti e capaci, un sistema sanitario efficiente, energia pulita e investimenti nella ricerca e sviluppo». Proprio sul versante della nuova sanità, è stato compiuto un passo avanti con il via libera, da parte di una commissione del Congresso, a un pacchetto di norme-chiave della riforma, il nocciolo duro su cui l'intera Camera sarà chiamata a dibattere e a votare fra un mese.
Più lunghi si profilano invece i tempi della ripresa economica («Ci vorranno ancora molti mesi per poter dire che siamo fuori dal tunnel della recessione», ha ammesso Obama) e, quindi, di rilancio dell’occupazione.

Il presidente ha anticipato che secondo i dati sulla disoccupazione che verranno pubblicati la prossima settimana, ancora molti americani perderanno il posto di lavoro. Non è una buona notizia per un Paese con 15 milioni di persone già a spasso e sempre meno disposte a mettere mano al portafoglio per lo shopping.

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